La Corte Costituzionale affronta il tema dello “scudo penale” che, promulgato nel periodo COVID 19 con il DL 76/2020 all’art. 21 comma 2, se nulla cambierà, andrà a “sfiorire” il 31 dicembre del corrente anno.
Il ricorso alla Corte Costituzionale della Corte dei Conti campana
La questione è giunta all’attenzione dei Giudici delle Leggi a seguito di una sollevata questione di legittimità sollevata dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Campania proprio in merito alla limitazione delle responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in merito alle condotte attive che, se produttive di danno all’erario, sono sanzionabili solo in presenza di ipotesi dolose.
Quali articoli della Carta sarebbero stati violati
I due articoli della Costituzione che parrebbero essere infranti dalla suddetta norma sono:
l’art. 3 “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”
l’art. 97 “Le pubbliche amministrazioni, in coerenza con l’ordinamento dell’Unione europea, assicurano l’equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico. I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione. Nell’ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari. Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge.”.
Il testo della sentenza, il cui apprezzamento integrale lasciamo al lettore, sottolinea alcuni elementi in merito alla responsabilità dell’agente pubblico e, di riflesso, di tutti quei medici ed operatori sanitari che operano per il pubblico e con una struttura/ente pubblico.
La “massima” n. 46341 della sentenza della Corte Costituzionale: uno schema
Se schematizziamo la massima n. 46341 associata alla pronuncia possiamo concentrare l’attenzione su aspetti che in parte avevamo già sollevato su questo sito proprio discutendo di alcune sentenze della Corte dei conti (Santovito; VEDI, VEDI, VEDI, VEDI, VEDI.
- La responsabilità amministrativa ha funzione preventiva, risarcitoria e sanzionatoria;
- La complessità istituzionale, sociale e giuridica è andata progressivamente crescendo. La discrezionalità diventa una componente essenziale che, accrescendo la possibilità di errori da parte dell’agente pubblico, ingenera il rischio della sua inazione, dando luogo alla burocrazia difensiva;
- Vi deve essere ripartizione del rischio tra apparato e agente pubblico, così da rendere la responsabilità ragione di stimolo e non disincentivo;
- È necessario trovare un punto di equilibrio nella ripartizione del rischio all’interno del contesto istituzionale, giuridico e storico in cui opera l’agente pubblico;
- Il rischio di una riespansione della burocrazia difensiva alla scadenza della norma di cui si parla richiede una complessiva riforma della responsabilità amministrativa. Questo per stabilire una coerenza tra la sua disciplina e le trasformazioni dell’amministrazione e del contesto in cui essa opera.
Qui potete leggere e scaricare le “massime” della sentenza
Si è quindi di fronte ad un necessario cambiamento di passo, sollecitato dalla Corte Costituzionale, in cui deve essere inclusa la suddivisione del rischio tra l’amministrazione e l’agente pubblico alla luce dell’attuale contesto storico, sociale, giuridico e istituzionale. Contesto e rischio, due termini che sono ben noti nella gestione della sicurezza del paziente.