Un “NO” inaspettato
Sembrava che il parere del Consiglio di Stato sullo schema di regolamento recante la tabella unica nazionale (TUN) che stabiliva il complessivo “valore” delle diverse macroinvalidità (da 0 a 100 punti) per i danneggiati da incidenti del traffico o da fatti legati a responsabilità medica previsto dall’art. 138 del Codice delle Assicurazioni, fosse solo una formalità.
Invece, con qualche sorpresa, la Sezione Consultiva per gli atti normativi del CdS (numero affare 00194/2024) ha dichiarato di non poter emettere il suo parere in modo definitivo rimandando al mittente (Ministero delle imprese e del made in Italy) e richiedendo nuovi interventi esplicativi.
Qui sotto potete leggere e scaricare l’intero provvedimento.
Ma noi medici legali c’entriamo qualcosa?
Vi potreste domandare che c’entra la medicina legale con un atto strettamente amministrativo come questo.
Anche ad un esame superficiale dello scritto, però, i temi da discutere e degni di approfondimento risultano molti.
Vediamo di esaminarli insieme
L’importanza giuridica del sistema del risarcimento del danno
Dopo aver delineato l’inquadramento legislativo, la composizione del documento da esaminare, le osservazioni giunte dai diversi stake holder, il CdS entra nel vivo dell’argomento.
L’estensore dello scritto Giovanni Grasso centra la finalità della TUN come soclpita dalla Legge: “garantire il diritto delle vittime […] a un pieno risarcimento del danno non patrimoniale effettivamente subìto”; b) di “razionalizzare i costi gravanti sul sistema assicurativo e sui consumatori” (art. 138 CdA comma 1).
Il Consiglio di Stato ci spiega, però, che i due obiettivi devono bilanciarsi ma non devono essere giudicati sullo stesso piano perché, in ogni caso, l’obiettivo primario è quello della protezione del danneggiato al di là di qualsiasi dettato solidaristico.
L’obiettivo della Legge, quindi, secondo il CdS. è quella di fornire poste di danno adeguate, pur in via equitativa, alla compromissione dell’integrità psico-fisica con le sue ripercussioni negative “sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato” non disgiunta dalla valorizzazione del danno morale.
Ma quali dovevano essere i criteri operativi per arrivare alla corretta elaborazione della TUN?
Bisognava tener conto dei principi e dei “criteri di valutazione del danno non patrimoniale dalla consolidata giurisprudenza di leggimità” (comma 2 art. 138).
Bene secondo il Consiglio di Stato, essendo questa prospettiva l’obiettivo primario della TUN, qualsiasi altro criterio che tenuto certo conto delle esigenze di plausabilità, omogeneità e certezza, non poteva andare a scapito della ADEGUATEZZA del ristoro riconosciuto alle vittime. E dunque è vero che fatti importanti sono la calcolabilità e la prevedibilità dei costi transattivi delle imprese assicurative (ovvero quella che viene invocata come sostenibilità sistemica con possibili ripercussioni sull’aumento dei premi) ma è altrettanto vero, secondo il CdS, che queste sono direttive secondarie.
E, dico, io da quanto tempo non si sentiva una presa di posizione così netta sulla quale, peraltro, avevamo già detto la nostra.
Ministero della Giustizia: guarda che è importante
Con queste premesse, il CdS, si domanda e censura il comportamento del Ministero della Giustizia, che avrebbe, secondo l’alto tribunale amministrativo, mancato di una effettiva compartecipazione all’elaborazione del provvedimento ed ad una sua sostanziale reale valutazione.
Naturalmente non siamo certo in grado di discettare su una questione di Giustizia amministrativa in cui forma e sostanza si equivalgono.
Ma ad una lettura neanche troppo frettolosa del provvedimento del CdS, il richiamo al Ministero della Giustizia sembra questo: per favore Ministero della Giustizia guarda che all’interno della TUN vi è la salvaguardia di diritti fondamentali che riguardano la tua azione. Non basta dire sì. Mi devi dire “perché sì” e il tuo parere, anche se ovviamente legato a logiche politiche – e ci mancherebbe altro – deve essere espresso, formale e motivato. Anche perché, continua il CdS, è il Ministero della Giustizia che deve esprimersi se i numeri della TUN sono maturati sull’onda della giurisprudenza consolidata – lo dice la Legge – e perché è tuo interesse perché la tua decisione impatterà sull’attività giurisdizonale e sulla modalità di liquidazione dei danni.
Attenzione, il Consiglio di Stato comunica al Ministero della Giustizia: dicci bene come la pensi perché la posta è incredibilmente importante.
E questo, per noi che ci lavoriamo, è terribilmente importante perché, inevitabilmente, valorizza la nostra opera.
Un doglianza tecnica che cela altro
La seconda doglianza del CdS è legata ad una scarsa disponibilità relativa all’aggiornamento documentale rispetto ai dati che avrebbero consentito “nel rispetto delle caratteristiche del mercato assicurativo, nonché dei vincoli di legge, in modo da garantire la congruità del valore con quanto previsto per le microlesioni, evitando effetti di maggior onere per il mercato assicurativo e per i consumatori danneggiati” – ad una strumentale “rilevazione dei dati di mercato”, operata con il “supporto tecnico” dell’Istituto di vigilanza, che ha valorizzato,quale ultimo dato disponibile, il “costo economico sopportato dal settore” nell’anno 2018, utilizzato “per la validazione del modello definito”.
Il CdS in pratica dice: non ci avete fornito dati sufficienti perché la metodologia utilizzata sia chiaramente leggibile. Il rilievo apparirebbe soltanto meramente tecnico, e anche di difficile comprensione per i non esperti come noi, ma, in realtà appare strettamente connesso con quanto ilConsiglio di Stato va successivamente ad affermare.
Per favore: dei dati
E qui, probabilmente, l’intervento della Suprema Magistratura Amministrativa assuma caratteri di assoluta novità, rispetto ad un mainstream consolidato da anni relativo all’attenzione alla sostenibilità del sistema assicurativo.
Insomma dice il CdS, le deduzioni che proponete sul punto traggono origine solo da una nota tecnica dell’IVASS relativa “alla consistenza numerica ed alla distribuzione frequenziale dei sinistri (o degli eventi dannosi“ sia nell’ambito della circolazione stradale che della malpractice medica. In più, in nessun punto, operate un “complessivo confronto comparativo con lo status quo, sia in termini assoluti, sia in termini relativi, in relazione ai diversi gradi di invalidità”.
In questo modo non offrite “elementi per scongiurare il rischio di regressione dei Risarcimenti”. Perché, invece, non ci fornite anche una “misura degli incrementi percentuali in funzione di differenziazione equitativa e di quantificazione idiosincratica del danno morale” invece che una semplice curva statistica dei punti di invalidità riconosciuti. E ancora, perché risulta assente una giustificazione motivata degli scostamenti dalle tabelle elaborate dagli uffici giudiziari, non solo di Milano, ma anche di Roma.
Sostenibilità da motivare
Ma non è finita qui.
Dice il CdS: va bene: la sostenibilità degli impatti economici sul sistema assicurativo. Ma questa non può essere utilizzata come vincolo ex ante ovvero come limite predefinito. Una specie di postulato non motivato che porta ad un temperamento (così ingiustificato) dei risarcimenti ma anche, andando all’estremo, una misurata e programmatica riduzione della tutela delle vittime. Allora, tenuto conto che tale tutela è l’obiettivo primario del provvedimento, risulta assente un dimostrato esito di “squilibrio macro-economico sulla complessiva redditività delle imprese assicurative” che porterebbe ad un intervento calmierante. Ma, fa notare il CdS, un dato di questo tipo, che consentirebbe quell’approccio solidaristico suggerito anche in passato dai Giudici delle Leggi (vedi S. C. Cost. 235/2014), risulta mancante quale elemento di elaborazione della TUN.
Lascio alle parole del CdS la conclusione:
“Merita, con ciò, di essere nuovamente rimarcato che la direttiva di razionalizzazione dei costi gravanti sul sistema assicurativo – che asseconda, per un verso, le aspettative di certezza, calcolabilità e prevedibilità degli operatori economici e dovrebbe contribuire a disincentivare, in prospettiva predittiva, il contenzioso e a favorire la definizione stragiudiziale delle pratiche di liquidazione – non va intesa quale ragione di deminutio della pienezza, effettività ed adeguatezza della tutela che va riconosciuta alle vittime di eventi dannosi”.
Qualche notazione conclusiva
Cosa possiamo dire per concludere.
- Il Consiglio di Stato, inverte una tendenza, che era emersa in modo continuativo negli ultimi anni ovvero la preoccupazione che la TUN doveva garantire non soprattutto, ma con pari grado di valore, il giusto risarcimento alle vittime e la sostenibilità del sistema assicurativo. Il CdS ci dice: certo la Legge ci dice così ma ricordiamo che le due esigenze sono classificabili in modo diverso e il tema dei DIRITTI – ad oggi – è comunque primario. E importantissimo. Da ciò deriva il richiamo al Ministero della Giustizia.
- D’accordo la sostenibilità ma per favore dateci dei dati che possono contribuire a delimitare un break even point. Lo sappiamo tutti che la necessità che le aziende assicurative siano in attivo è l’esigenza primaria per farle funzionare e per garantire una protezione corretta ai loro clienti. Ma se parliamo di sostenibilità o di insostenibilità, da qualche dato dovremo pur partire se no stiam discorrendo di aria fritta. Qui non si tratta di discorsi che molti di noi da anni hanno fatto non tanto nelle arene congressuali ma nei bar antistanti a queste (e ciò la dice lunga). I profeti della sostenibilità ad ogni costo – che mio Dio hanno le loro ragioni – erano certo più numerosi di quelli in piedi al bancone in attesa del caffè. Adesso vedremo quali saranno le risposte alle richieste del Consiglio di Stato.
Che il nostro mantra sia: “giustizia”
Il mantra – che dovrebbe far vibrare le nostre labbra – quando visitiamo e valutiamo dei soggetti vittime, in qualche modo, di sinistri di fatto tutelati nella cornice legislativa del Codice delle Assicurazioni dovrebbe essere nient’altro che: Giusto. Certo, nell’ampio e aperto dibattito delle opinioni. Non di più, non di meno. Ma “giusto”: nel rispetto della nostra dignità tecnica e professionale, ricordando che stiamo garantendo “diritti” delle imprese e, soprattutto, ma lo dice il CdS e non io, dei danneggiati.