La nostra Disciplina è fatta di sapere tecnico, mai però dimenticare che è fatta anche di un sapere, di un umanesimo e di letture che ci fanno comprendere quanto sia profonda l’attività di un medico che, in condizioni particolari, diventa l’unico baluardo di umanità e di vita.
Abbiamo già portato all’attenzione degli internauti che giungono su questo sito quanto grande possa essere il male e la storia ancora a noi vicina, e spesso contemporanea, lo testimonia (leggi).
In questa settimana in cui ricorre il “Giorno della Memoria”, si consiglia una lettura dura per ogni medico, un vero pugno nello stomaco, ma punto di partenza dell’etica medica moderna.
È giusto che ognuno di noi comprenda come la propria attività di cura ed assistenza trovi radici profonde in fatti ed accadimenti che raramente nelle Università che ci formano fanno parte di quel bagaglio culturale che dovrebbe seguire il medico in ogni suo passo. Ciò può accadere per la mole di sapere tecnico che oggi è richiesto al neo-dottore o per la vastità stessa della scienza medica.
Nel 2024 Giunti Editori traduce un libro scritto da Bruno Halioua, docente di Storia della Medicina presso l’Università Paris-Sorbonne, dal titolo “I Medici di Auschwitz. Viaggio oltre le porte dell’Infermo”.
E’ un viaggio orribile, nel male profondo in cui anche medici, o pseudomedici, erano parte di quelle Malebranche infernali, che sottoponevano a esperimenti chiunque, che avevano il compito di mantenere “l’ecologia di Auschwitz”, partecipando attivamente al processo di sterminio di massa, già dal primo ingresso nel campo. Il giudizio che mandava subito a morte le persone una volta scese dai convogli ferroviari era la capacità di lavoro: chi non era “capace” aumentava la popolazione nel campo e non garantiva il buon funzionamento economico del campo stesso.
Contemporaneamente un grande inganno era intessuto all’arrivo nei campi: il caduceo sulla divisa e la croce rossa sui camion, che però dopo si dirigevano verso le camere a gas.
Lascio a Voi la cruda lettura dei ruoli assunti da medici ed infermieri di fronte alla camera a gas o nelle “selezioni” di chi era destinato a morire o nelle sperimentazioni mediche-chirurgiche. Si perché nel campo o si moriva di lavoro o si moriva nella camera a gas o nelle mani di chi “faceva ricerca”. La disumanizzazione era un processo continuo.
Il libro narra anche dei medici deportati, delle loro scelte di vita e di morte e di quanto fosse dura per loro ogni scelta, ostinatamente e naturalmente spinti ad aiutare, a volte forse ed a volte impossibile, aiutare a morire per non soffrire, aiutare a vivere sempre difficilissimo.
Un’ultima personale mia confessione: non sono solo le citazioni bibliografiche delle fonti a farmi credere in questo libro. Vi è anche una ragione più profonda, forse campanilistica per alcuni lettori: Leonardo De Benedetti e Primo Levi sono figure ampiamente richiamate nel corso di questa lettura, tremendo viaggio con se stessi, che attraverso 297 pagine fa comprende come il diavolo esista, nella sua eccezione etimologica più profonda. Un divisore dell’umanità che, citando proprio Levi in “Se questo è un uomo”: “…in Lager…ognuno è disperatamente ferocemente solo.”.
Ed allora, come ha detto Eddy de Wind: “Se ora metto tutto questo per iscritto e il mondo viene a saperlo, non potrà mai più succedere”. A noi il dovere di leggere.