Abstract
Il viaggio lungo il cammino della storia dell’identificazione personale prosegue con un balzo sull’altra sponda dell’Oceano Atlantico, nel nord America, dove nella seconda metà dell’800 una società in piena evoluzione, ma ancora immatura, sta cercando di scrivere le regole del proprio vivere civile.
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La nuova frontiera
Dagli originari insediamenti sulla costa est i pionieri provenienti dalla vecchia Europa si spingono sempre più a ovest alla ricerca di nuove terre e di nuove risorse. La prima fase di conquista si svolge pacificamente ma, con la guerra civile (1861-1865) e l’ondata di violenza che questa porta con sè, e che si esprime in modo particolarmente crudele verso gli indiani, il West si fa davvero “selvaggio” e molto pericoloso da vivere.
I risultati di alcune indagini condotte su informazioni raccolte da fonti le più variegate (archivi anagrafici, registri giudiziari, cronache giornalistiche ecc..), per quanto non esaustivi, hanno in effetti confermato la pericolosità dei territori del Far West rispetto alle realtà urbane del periodo.
Secondo il Criminal Justice Research Center della Ohio State University il tasso di omicidi nel selvaggio West era di 165 per 100.000 abitanti, ben 15 volte superiore rispetto a quello degli agglomerati urbani, che era di circa 10 omicidi per 100.000 abitanti.
Omicidi ma non solo. A Tombostone, una città di 10.000 abitanti, ad esempio, tra il 1879 e il 1884, sono morte circa 300 persone. Di queste sappiamo che, oltre ai decessi per cause naturali, le vittime di omicidio sono state 52, ma si contano anche 5 suicidi e 5 annegati, 16 persone muoiono per fatti accidentali di vario genere, 7 sono quelle uccise dagli Apache, mentre 10 sono le persone impiccate (8 legalmente e 2 vittime di linciaggio).
Alle vittime di omicidio si sommano dunque quelle di una giustizia sommaria. Tra il 1865 ed il 1895 il “Far West” è fuori da ogni controllo giurisdizionale e a prevalere è la “legge del più forte”.
Sceriffi e giudici, molti dei quali del tutto improvvisati, talvolta scelti solo perchè sanno leggere e scrivere, non offrono garanzia di legalità ma, anzi, sono spesso pronti a vendersi a chi può pagarli di più o a chi è più temibile.
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La Pinkerton National Detective Agency
In questo scenario entra in gioco Allan Pinkerton, figlio di un agente di polizia di Glasgow, che giunge giovanissimo in America intenzionato a perseguire la carriera del padre. Il suo desiderio si realizza quando un giorno, vagando nei boschi vicino a Dundee in Illinois, Pinkerton si imbatte in una banda di falsari; dopo aver osservato per qualche tempo i loro movimenti informa lo sceriffo locale che li arresta. A seguito di questo ed altri fatti analoghi, nel 1849 Pinkerton è nominato vice sceriffo della contea di Cook e, solo un anno più tardi, nel 1850, fonda la Pinkerton National Detective Agency, la prima agenzia al mondo di indagini investigative.
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Ma ciò che fa di Pinkerton l’uomo del momento è il suo intervento nel salvare la vita al Presidente Abramo Lincoln sventando il “complotto di Baltimora” che anticipò quello fatale di Washington. Questo episodio valse a Pinkerton fama e onore e la sua agenzia diviene la prima forma di intervento “centrale” per la caccia ai più famigerati fuorilegge del Far West: i fratelli Jesse e Frank James, Billy the Kid, Sam Bass, Charles Bolton, la banda di Mucchio Selvaggio il cui capo fu Butch Cassidy.
A quel momento in America è già stato compreso il valore della fotografia segnaletica e l’Agenzia Pinkerton ne fa un proprio punto di forza, curando la stampa di volantini ad uso degli agenti sparsi su tutto il territorio nazionale. I volantini riportano una sola immagine del ricercato, il cosiddetto “mug shot”, che si accompagna alla “taglia” stabilita per la cattura. Questo strumento sfugge però alle mani della Pinkerton e i volantini sono utilizzati anche da soggetti indipendenti, noti come bounty killers che, per le cospicue cifre della ricompensa, si fanno pochi scrupoli ad uccidere anche chi abbia la sventura di somigliare appena al ricercato. Anche le identificazioni sono dunque molto sommarie.
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Da Lizzie Borden a Wiliam West
Non che le cose in città vadano molto meglio. Mentre in Europa Bertillon, Galton, Henry e tutti gli altri stanno muovendo i primi passi, nei grandi agglomerati urbani che stanno crescendo a vista d’occhio, grazie agli imponenti flussi migratori, le risorse investigative sono praticamente inesistenti e, a meno che il reo non venga colto in flagranza di reato, le indagini sono sommarie al pari di quelle del Far West. Anche nelle grandi città, da New York a Chicago, gli omicidi sono poco interessanti per gli esigui margini di successo che gli strumenti di indagine del momento sono in grado di offrire.
Emblematico è il caso di Lizzie Borden accusata di aver massacrato a colpi d’ascia i propri genitori a Fall River nel 1892, lo stesso anno in cui a Londra Galton pubblica Fingerprint.
Molti gli indizi accusano Lizzie dell’omicidio e l’opinione pubblica ne decreta la colpevolezza con una popolare filastrocca:
«Lizzie Borden took an axe
And gave her mother forty whacks.
When she saw what she had done
She gave her father forty-one»
Ma contro Lizzie non c’è alcuna prova oggettiva che, in quel momento, la scienza possa portare a suo carico e la donna è scagionata.
Servono infatti ancora alcuni anni perchè anche in America giungano le scoperte europee in tema di investigazione criminale. All’epoca del delitto Borden l’antropometria ha iniziato a farsi conoscere anche oltre oceano ma resta relegata ad alcune stazioni di polizia e a qualche centro penitenziario. La complessità e l’imprecisione del metodo sono ormai chiari e in questo senso certo non giova il fatto che in alcune prigioni i rilievi vengano affidati agli stessi carcerati!
Tuttavia, indipendentemente dalle strade battute dalla scienza, la dattiloscopia e le sue possibili implicazioni investigative, sono inspiegabilmente già note ancor prima che l’antropometria varchi l’oceano: nel 1882 Gilbert Thompson usa la sua impronta per vidimare i cartellini degli operai e, nello stesso anno, Mark Twain pubblica Vita sul Mississipi, il cui protagonista scopre l’assassino della moglie e del figlio attraverso un’impronta digitale.
Dunque, come capitato in Europa, anche in America l’antropometria è ben presto incalzata dalla dattiloscopia. L’esempio più eclatante è rappresentato dal caso che coinvolge Will West, un giovane che nel 1903 è tradotto nel penitenziario di Leavenworth dove i suoi dati antropometrici sono catalogati nella scheda numero 3246. Al controllo dello schedario foto e rilievi risultarono del tutto identici a quelli contenuti nella scheda 2626 relativa ad un uomo detenuto nel penitenziario da oltre 8 mesi. West è accusato di aver mentito sulla propria identità ed è minacciato di subire severe punizioni se non dichiara il suo vero nome, ma non cede, ribadendo l’identità dichiarata.
Del fatto è informato il direttore del carcere McCloughty che ordina che i detenuti 2626 e 3246 vengano portati al suo cospetto. Effettivamente se i rilievi antropometrici sono tanto puntualmente sovrapponibili così la somiglianza fra i due uomini non può sorprendere. Come risolvere il problema?
McCloughty ricorda di aver ricevuto in regalo, qualche mese prima, il libro di Galton e tutto il necessario per la rilevazione delle impronte. Senza indugio si ingegna a raccogliere le impronte digitali dei 2 uomini e le differenze balzano agli occhi anche di un profano come lui. Le due diverse identità hanno trovato conferma e nessuno ha mentito.
Da quel giorno il bertillonage è accantonato a Leavenworth e anche in altri penitenziari. Tuttavia il caso di Will West non è sufficiente per l’affermazione delle impronte digitali in un territorio tanto vasto e ancora troppo frammentario come quello americano.
Nel 1904 un sergente investigativo di New York, Joseph Faurot, dopo aver fatto pratica con il metodo antropometrico senza soddisfazione, riceve l’incarico di andare a Londra per informarsi presso Scotland Yard sul metodo delle impronte digitali, la cui eco non ha mancato di raggiungere la polizia americana che, per quanto ancora “distratta” da interessi ben diversi da quelli propri dell’amministrazione della giustizia patisce ogni primato della vecchia Europa. Al suo ritorno, e nonostante il forte entusiamo per il nuovo strumento investigativo, Faurot deve vedersela con le dinamiche politiche ai vertici della Polizia che lo costringono ad una lunga battuta d’arresto. Ma l’attesa è ripagata.
Dopo il primo successo rappresentato dall’arresto nel 1906 al Woldorf Astoria di uno dei più famosi ladri d’albergo dell’epoca, nel 1908 Faurot arresta l’omicida di una giovane infermiera, Nellie Quinn, grazie alle impronte digitali che l’assassino ha impresso su una bottiglia rinvenuta dallo stesso Faurot sotto il letto della donna. L’assassino è così sorpreso per l’arresto che confessa il delitto.
Ma la tenuta dibattimentale delle impronte digitali giunge solo con il processo a Caesar Cella, un famigerato scassinatore che Faurot ha incastrato rilevando e fotografando le sue impronte su un vetro della vetrina di un negozio di mode che l’uomo ha saccheggiato. Cella può vantare diversi testimoni a suo favore e Faurot, messo alla sbarra, subisce un interrogatorio infuocato. E non solo.
Al termine dell’udienza il giudice ordina che Faurot venga chiuso in una stanza e tenuto sotto sorveglianza. Quindi chiede a 15 persone di farsi avanti e ordina loro di premere l’indice della mano destra sul vetro di una delle finestre dell’aula. Ad uno di essi è ordinato di premere il pollice sul piano in vetro di uno scrittoio. Quindi Faurot è fatto rientrare in aula e il giudice gli chiese di mostrargli a quale delle impronte digitali sulle finestre corrisponda quella sul tavolo.
Faurot non si spaventa di certo ed in 5 minuti, con l’ausilio di una lente d’ingrandimento, è in grado di dare la riposta corretta. Cella è condannato e per la prima volta nella storia giudiziaria americana un giudice riconosce il valore probatorio delle impronte digitali.
La rilevazione delle impronte digitali non è però considerato atto legittimo e ne nasce un forte dibattito sul rispetto delle libertà individuali. Occorre infatti attendere il 1928 perché lo stato di New York riconosca il legittimo prelievo delle impronte digitali a tutti i carcerati.
Tuttavia, con un apparato di polizia frammentario e corrotto, il territorio americano è ancora ben lontano dalla possibilità di valorizzare l’uso delle impronte digitali che rimangono a lungo chiuse negli schedari dei penitenziari e in qualche stazione di polizia.
Con la creazione del Federal Bureau of Investigation e l’arrivo di J.E. Hoover al suo vertice nel 1924, l’identificazione dei criminali diviene prioritaria e le raccolte di impronte digitali e di immagini fotografiche trovano finalmente la collocazione organica che ne consente un uso estremamente proficuo, concorrendo agli straordinari risultati investigativi che segnano un’altra parte della storia americana non meno violenta del far west: l’epoca del proibizionismo e dei gangster.
Ma di questo parleremo nel prossimo capitolo.
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Leggi anche: I personaggi e i casi che hanno fatto la storia dell’identificazione personale. Un ebook di Mirella Gherardi.