Per l’attività che svolgo quotidianamente in ospedale, mi trovo spesso da medico legale (giovane? Forse sì, forse no) ad affrontare le fragilità umane ed drammi che spesso si vedono soltanto al cinema o si leggono nei romanzi. Allora capisco due cose. La prima: è vero, la realtà supera di gran lunga la fantasia. La seconda: il rigore scientifico non è sempre utile.
Medicina legale al servizio della persona
Nel momento in cui parli con il paziente o con le persone a lui care, ed è quello il momento, comprendi che non è la medicina legale ad essere al bivio o la fragilità del nostro sistema scientifico e professionale ad essere in gioco, ma è la tua capacità di essere medico, in primis, e solo dopo medico legale ad essere messa in discussione. Solo allora maturi la consapevolezza di quanto la nostra Disciplina, come una madre, tenendoti per mano, sia in grado di condurti ed a indicarti la via giusta da percorrere insieme ai tuoi interlocutori: in primis il paziente ma anche tutti quelli che gli sono vicini.
È proprio così. Tu sei al servizio della persona e la “scienza medico legale” è, per proprietà transitiva, al servizio di quella persona. Non può essere all’inverso, pena confondere i fini con i mezzi in un caos che conduce ad un tecnicismo privo di finalità, più asservito a sé stesso o, peggio, a te stesso piuttosto che alla missione che il nostro codice deontologico ed etico impone.
Drammatiche scelte: la desistenza terapeutica
Perché fare delle scelte con e per il paziente spesso vuol dire accettare un compromesso con quell’essere umano, con la sua visione della vita, con la sua cultura, con il suo modo di essere, anche se sai benissimo che le sue scelte non sono da te condivise oppure, semplicemente, non vi sono altre alternative.
Le desistenze terapeutiche, magari in ambito pediatrico, o il rifiuto alla trasfusione di sangue quand’anche l’intervento chirurgico è da farsi o, come abbiamo anche scritto in questo sito, il rifiuto ad alimentarsi sono tutte vicende che fanno parte della medicina legale cosiddetta “clinica” che vanno ben oltre al richiamo alla scientificità connessa alla nostra professione.
Drammatiche scelte: la morte encefalica e la volontà donativa di organi
Un altro esempio: il dramma di comunicare una morte encefalica, a noi ben nota: l’encefalo è morto e la persona, di conseguenza, è morta. Lo dice la scienza e la Legge; lo diciamo noi medici, ma per un genitore quel corpo che giace nel letto è vivo, il cuore batte, il colorito non è ancora livido: il gelo della morte non agghiaccia ancora il tocco e l’abbraccio di quel padre o di quella madre.
Nonostante l’osannata scientificità e professionalità, se tu medico non sei in grado di dosarle e calarle in quella peculiarità che nell’universo (ne sono convinto) ci distingue e che si chiama umanità, allora sei solo un medico fallito e anche un medico legale fallito. Capisci che a quel bivio non è la Medicina Legale ma tu avviluppato, non solo nel tuo tecnicismo scientifico-giuridico, ma anche su te stesso. Sei tu, allora, che hai lasciato al bivio la nostra Disciplina, per così dire, “percossa e attonita”.
Eon è tutto qui. Sempre rimanendo sullo stesso tema, sempre perché lo dice la Legge, si deve successivamente sondare la volontà donativa, magari di chi è diventato genitore da 5,6,7, 8 anni.
Allora capisci che quel carico di emozioni, di sensazioni, di impotenza e, a volte, di frustrazione nulla ha a che fare con quella Medicina Legale che, come qualcuno ha detto in questi giorni, “non gode più del prestigio che le sarebbe proprio“, forse per essere stato per troppo tempo fuori da questi giochi che per me sono quotidiani, perché sono questi i momenti in cui comprendi che la nostra Disciplina è potente, già ricca e rifulge da sé e ti offre i mezzi per essere un medico legale più umano e meno freddamente tecnocrate.
Il prestigio della Disciplina: il buon lavoro fatto
Perché il prestigio della Medicina Legale lo dimostriamo con il buon lavoro fatto al servizio della persona, del paziente, con lui e per lui.
Vi confesso che, rispetto agli altri Colleghi che ricevono dai loro pazienti curati ringraziamenti ed apprezzamenti, io dopo un intero giorno di lavoro fatto di visite necroscopiche, accertamenti della morte, desistenze mi dico che non sono il medico della morte. Allora mi rifugio nella nostra Disciplina che, come i miei Maestri mi hanno sempre insegnato, la Medicina Legale è una medicina dei diritti, del diritto e della vita.