Comprendere su chi incomba, tra medico di MMG e struttura sanitaria, il dovere di informare il paziente splenectomizzato dell’opportunità di sottotorsi al vaccino antipneumococco e – in caso di prestazione del consenso – di somministrarglielo, rappresenta un tema non privo di zone d’ombra.
Sul punto, due pronunce di merito, piuttosto recenti, hanno cercato di fare chiarezza.
In particolare, si segnalano la sentenza n. 594/2023 emessa dal Tribunale di Busto Arsizio e la n, 2465/2021 del Tribunale di Firenze.
Tribunale di Busto Arsizio (sent. 594/2023)
Il caso
A seguito di incidente stradale, il paziente veniva ricoverato con diagnosi in ingresso di emiperitoneo da rottura di milza, contusione polmonare, shock da rottura di milza e indicazione chirurgica di urgenza di splenectomia.
Il paziente veniva, quindi, sottoposto a intervento chirurgico d’urgenza di splenectomia ed a terapie per le lesioni riportate. Nel caso specifico, non venne consigliata, né effettuata, la vaccinazione antipneumococcica da parte dei sanitari che lo tennero in cura in ospedale, né, successivamente, dal MMG.
Negli anni successivi, il paziente condusse un’esistenza sostanzialmente normale, sinché, ricoverato per setticemia da pneumococco decedeva, poco dopo, per shock settico.
Il giudice, disposta C.t.u., ha accertato che il paziente fu ricoverato nel con diagnosi di emoperitoneo da rottura di milza e contusione polmonare e fu sottoposto, in regime d’urgenza, ad intervento di splenectomia per via laparotomica. All’atto delle dimissioni, i medici ospedalieri consigliarono “esclusivamente” la rimozione dell’apparecchio gessato applicato all’arto superiore sinistro, la terapia medica e la visita di controllo a tre mesi.
I pazienti splenectomizzati sono esposti a maggior rischio di contrarre infezioni batteriche, in particolare quelle causate da batteri capsulati, infatti, le più comuni ed accreditate linee guida raccomandavano di praticare la profilassi vaccinale contro lo pneumococco già all’epoca della splenectomia subita. Il paziente, dunque, senz’altro apparteneva a quella categoria di soggetti a rischio di contrarre infezioni pneumococciche e di sviluppare forme più gravi poiché splenectomizzato.
Nonostante tutto, non risulta fornita al paziente una qualsiasi informazione relativa all’opportunità di sottoporsi alla vaccinazione.
La decisione
Osserva il Tribunale che il paziente non presentava altri fattori di rischi e non era affetto da altre patologie che potessero ridurne la sopravvivenza rispetto alla media della popolazione.
In conclusione, è risultato accertato che la causa della setticemia da pneumococco con necrosi cutanee estese delle estremità sia da ricondurre casualmente alla mancata vaccinazione antipneumococcica.
La vaccinazione anti-pneumococcica, infatti, ove debitamente effettuata e richiamata, avrebbe ridotto in maniera altamente significativa, la gravità e l’invasività dell’infezione e, quindi, evitato il ricovero in terapia intensiva secondo il criterio del “più probabile che non”.
Il Tribunale, considerato l’esito della c.t.u. medico-legale, ha concluso, in applicazione della regola civilistica del “più probabile che non”, che il paziente splenectomizzato non avrebbe contratto la grave infezione da pneumococco che ne ha causato il ricovero e, successivamente, il decesso, ove gli fosse stata praticata la vaccinazione de qua, dovendosi ritenere accertata sia la sussistenza del nesso causale tra la condotta illecita e l’evento di danno, sia la condotta colposa del medico di MMG e del personale ospedaliero che lo ebbe in cura, avendo tutti costoro tenuto un comportamento inadempiente ed implicante responsabilità professionale, posto che non hanno consigliato un trattamento doveroso. Il comportamento dei citati professionisti sanitari si è, dunque, rivelato imperito ed imprudente, avendo dovuto i medici ospedalieri (in primis) informare il paziente, al momento delle dimissioni, dell’importanza ed opportunità della vaccinazione antipneumococcica (nonché dell’efficacia quinquennale della profilassi) e, allo stesso modo, successivamente, il medico curante, offrire le medesime informazioni sull’importazione della vaccinazione di cui trattasi e del relativo richiamo. Invece, i medici ospedalieri ed il medico curante, pur conoscendo (o dovendolo sapere alla stregua di un “modello” di agente avveduto) la gravità della patologia e ben sapendo (ovvero dovendolo sapere) di doverlo informare sulla necessità di procedere con la vaccinazione di cui si discute, non vi hanno provveduto.
In punto nesso di causa, il Tribunale esclude qualsiasi rilevanza interruttiva tra la condotta omissiva dei medici ospedalieri ed il decesso del paziente, alle rilevanti e reiterate omissioni del MMG, in quanto l’interruzione del nesso di causa si configura solamente se la condotta sopravvenuta inneschi un rischio nuovo e del tutto eccentrico rispetto a quello generato dalla prima condotta o, comunque, del tutto anomalo ed eccentrico (cfr. Cass. 23915/2013, Cass. 19180/2018, Cass. 21563/2022).
Tribunale di Firenze (sent. 2465/2021)
Il caso
Nel 2000 fu diagnosticato al paziente un linfoma di Hodgkin per il quale fu sottoposto a splenectomia ed il 16 dicembre 2008, intorno alle 11.00, lo stesso accusò una forte cefalea con perdita di equilibrio. Trasportato al pronto soccorso gli fu diagnosticata una meningite da pneumococco e fu avviata una terapia farmacologica.
Durante la notte, si verificò un improvviso aggravamento del quadro clinico, con comparsa di edema cerebrale diffuso ed ipertensione endocranica maligna. Nella serata successiva sopraggiunse il decesso del paziente.
La successiva diagnosi necroscopica rilevò la presenza di edema cerebrale in corso di meningite purulenta e sepsi.
Risulta, inoltre, accertato che al paziente non fu somministrata la vaccinazione anti-pneumococcica né prima né dopo l’operazione di splenectomia.
La decisione
Come si è detto, è pacifico che il paziente non sia stato sottoposto alla vaccinazione anti pneumococcica né prima né dopo l’intervento di splenectomia, resosi necessario a seguito della diagnosi di linfoma di Hodgkin.
A questo proposito, i consulenti dell’ufficio hanno sottolineato che i pazienti splenectomizzati sono una categoria particolarmente a rischio di sviluppare un’infezione pneumococcica invasiva con mortalità elevata, in quanto tale condizione determina una ridotta clearance dei batteri capsulati dal torrente ematico e, in caso di infezione pneumococcica, è più facile si possa verificare una batteriemia con diffusione secondarie (artrite settica, meningite, endocardite).
I consulenti hanno, inoltre, affermato che l’infezione da pneumococco produce un’immunità tipo- specifica che non è generalizzata verso altri seriotipi; la maggioranza dei casi di infezione da S. pneumoniae è comunque sostenuta da una minoranza di sierogruppi: in tutte le età più dell’80% dei ceppi isolati da pazienti con infezione invasiva da pneumococco appartiene a 12 sierogruppi. La protezione è pertanto attuabile mediante la vaccinazione (e in alcuni casi mediante profilassi antibiotica).
Alla luce di queste osservazioni, i consulenti hanno concluso che il vaccino anti- pneumococco è raccomandato per tutti i pazienti a rischio e dunque certamente per i pazienti splenectomizzati.
Non vi è dubbio, dunque, che i medici che hanno provveduto alla splenectomia avrebbero dovuto informare il paziente circa l’opportunità di effettuare la vaccinazione anti-pneumococcica e farla eseguire, una volta ottenuto il consenso del paziente, addirittura prima di eseguire l’intervento di splenectomia.
Poiché evitando l’infezione si sarebbe evitata la meningite, che ha, in maniera incontestata, provocato la morte del paziente, il Tribunale ritenere raggiunta la prova della sussistenza del nesso causale, valutato secondo la regola del “più probabile che non”, fra l’omissione colposa dei medici ospedalieri e l’evento morte.
Il Tribunale, infine, conferma l’obbligo anche del MMG di informare il paziente in ordine all’opportunità di procedere alla vaccinazione, in quanto soggetto ad alto rischio di contrarre una forma grave di meningite.
Tale circostanza è stata confermata dai consulenti dell’ufficio, i quali hanno richiamato la normativa sui programmi vaccinali, che non solo raccomandava la vaccinazione anti- pneumococcica per i pazienti splenectomizzati, ma prevedeva anche coinvolgimento dei medici di medicina generale.
Conclusioni
Alla luce delle due sentenze in commento, del percorso logico-argomentativo seguito, peraltro immune da vizi logici o giuridici, si può concludere che l’obbligo di informazione e successiva somministrazione del vaccino antipneumococco al paziente splenectomizzato gravi tanto sui sanitari che effettuano l’intervento, quanto sul MMG, in maniera concorrente e solidale.