Abstract
Le Nazioni Unite hanno stabilito la data del 6 febbraio come Giornata Internazionale contro le Mutilazioni Genitali Femminili (MGF). L’obiettivo è di che nel mondo, entro il 2030, queste pratiche si riducano sensibilmente fino a scomparire (vedi). Sul tema vi presentiamo un articolo della Prof.ssa Antonella Argo, Vicepresidente di SIMLA e Ordinario di medicina Legale dell’Università di Palermo.
. . . .
Le mutilazioni genitali – così come i matrimoni forzati – rappresentano una forma di violenza contro le donne che rientra nella fattispecie degli atti di persecuzione individuati dalla Convenzione di Ginevra del 1951, ripresa dalla Direttive Europee in materia e dalla normativa nazionale, ragione per cui è possibile il riconoscimento dello Status di rifugiato politico.
Secondo la definizione dell‘Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), con l’espressione “mutilazioni genitali” si fa riferimento a “tutte le pratiche di rimozione parziale o totale dei genitali femminili esterni o ad altre alterazioni indotte agli organi genitali femminili, effettuate per ragioni culturali o altre ragioni non terapeutiche.”
Le mutilazioni genitali costituiscono un atto estremamente traumatico ed hanno gravi conseguenze sulla salute fisica, psichica e sessuale delle bambine e delle giovani ragazze che le subiscono. Le conseguenze rilevano in termini di deprivazione della sfera del benessere sessuale, della autodeterminazione e dignità della persona, nonché di rilevante impatto economico per gli esiti diretti ed indiretti sulla salute della donna.
Partendo da questa definizione tecnica, le organizzazioni sovranazionali ed il nostro paese hanno contribuito, sotto il profilo normativo e degli impegni assunti (oltre richiamati), alla lotta contro un fenomeno ammantato di sovrastrutture culturali o religiose, in realtà fondato su una concezione patriarcale che relega l’individuo di sesso femminile ad un ruolo subalterno e dipendente, privo di autonomia anche nella sfera dei diritti essenziali.
La Risoluzione del Parlamento europeo del 14 giugno 2012 sull’abolizione delle mutilazioni genitali femminili (2012/2684 RSP), è promanata in considerazione di documenti che assumono forza vincolante e persuasiva:
- Convenzione delle Nazioni Unite sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna (CEDAW) e del relativo protocollo opzionale, nonché la Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti.
- Risoluzione del 24 marzo 2009 sulla lotta contro le mutilazioni sessuali femminili praticate nell’UE.
- Relazione del Segretario generale delle Nazioni Unite, del 5 dicembre 2011, intitolata «Ending female genital mutilation» (abolizione delle mutilazioni genitali femminili).
- Documento conclusivo sull’eliminazione della violenza contro le donne nell’Unione europea nelle quali il Consiglio Occupazione, politica sociale, salute e consumatori (EPSCO), l’8 marzo 2010, ha auspicato un approccio internazionale alla lotta contro le mutilazioni genitali femminili.
- Convenzione del Consiglio d’Europa, del 12 aprile 2011, sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica.
- Orientamenti dell’UE sulle violenze contro le donne e la lotta contro tutte le forme di discriminazione nei loro confronti (Consiglio Affari generali l’8 dicembre 2008).
- Risoluzione del 5 aprile 2011 sulle priorità e sulla definizione di un nuovo quadro politico dell’UE in materia di lotta alla violenza contro le donne.
- Risoluzione del 18 aprile 2012 sulla relazione annuale sui diritti umani nel mondo nel 2010 e la politica dell’Unione europea in materia, comprese le conseguenze per la politica strategica dell’UE in materia di diritti umani.
In Italia, in epoca antecedente questa risoluzione (25 settembre 1998), il Comitato Nazionale Per La Bioetica, con il Parere La circoncisione: profili bioetici, rilevava che “Gli atti di disposizione del proprio corpo che non abbiano finalità terapeutiche e profilattiche e che comunque producano una invalidità permanente non hanno in generale alcuna legittimazione bioetica, oltre ad essere proscritti dall’art. 5 del vigente Codice civile italiano. È quindi da ritenere che la circoncisione femminile non possa essere ritenuta lecita sotto alcun profilo, né etico, né giuridico”.
Particolarmente incisiva, poi, la Legge Consolo, n. 7/2006, che con gli artt. 3 e 5 della Legge, assume un ruolo fondamentale di prevenzione e di informazione, ed all’art.4 dispone la formazione del personale sanitario. Gli articoli in questione sono finalizzati, rispettivamente, alla promozione di campagne informative e all’istituzione di un numero verde, per prevenire gli atti di mutilazioni e per assistere le vittime, ovvero per ricevere segnalazioni di tali reati. L’art. 6 della norma (comma 1) ha rubricato l’art. 586 bis c.p., “Pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili”, che recita al comma 1:
«Chiunque, in assenza di esigenze terapeutiche, cagiona una mutilazione degli organi genitali femminili è punito con la reclusione da quattro a dodici anni. Ai fini del presente articolo, si intendono come pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili la clitoridectomia, l’escissione e l’infibulazione e qualsiasi altra pratica che cagioni effetti dello stesso tipo». Il comma 3 dell’art. 583 bis contempla due circostanze aggravanti speciali: «La pena è aumentata di un terzo quando le pratiche di cui al primo e al secondo comma sono commesse a danno di un minore ovvero se il fatto è commesso per fini di lucro».
Ma perché ricordarci di questo appuntamento nella prospettiva della disciplina medico legale?
Perché la MGF è parte della violenza di genere, perché riguarda una categoria di soggetti vulnerabili (bambine, giovani), perché nei nostri ambulatori, operando per le diverse finalità accertative medico legali (dal sospetto di abuso sessuale, alla richiesta di protezione internazionale), il fenomeno cade sotto il campo di osservazione e di valutazione medico legale. Sovente, nell’ambito di équipe multidisciplinari vi è la presa in carico clinica della donna, prima ancora che per la valutazione medico legale; l’instaurazione di una relazione terapeutica con la minore o con la donna, fondata su alleanza, richiede una modalità di comunicazione autentica ed informativa, non stigmatizzante, talora necessitante di un professionista della mediazione culturale, di una équipe di valutazione integrata da professionisti della salute (medici, ostetriche, psicologi), allenati al riconoscimento delle MGF e formati adeguatamente all’approccio con queste pazienti: nelle fasi di ascolto, per le domande inerenti il pregresso personale e patologico, per la rievocazione delle condotte/modalità di realizzazione della mutilazione, nell’indagine sul benessere sessuale della donna; e poi ancora, per orientare la donna alle soluzioni inerenti la de-infibulazione (Linee Guida ministeriali sulla condotta del parto); per proporre, laddove desiderate ed accolte, soluzioni riparative alla condizione di menomazione, orientando ai centri specializzati di riferimento per il supporto alle donne.
E tuttavia, si sottolinea [1] (quello della MGF) “It also remains a neglected topic in pre- and post-grade curricula of health professionals of many countries of the world”.
La conoscenza, la formazione, anche in questo ambito, consentono dunque al futuro specialista in medicina legale di poter assolvere in modo effettivo e competente, un ruolo (che gli è proprio) determinante in un ambito di tutela e contrasto ad una delle molte forme della violenza di genere.Segnalo, da ultimo, l’ottimo volume-atlante “Female Genital Mutilation/Cutting in Children and Adolescents. Illustrated Guide to Diagnose, Assess, Inform and Report”, di Jasmine Abdulcadir, Noémie Sachs Guedj e Michal Yaron, del Dipartimento di Pediatria, Ginecologia ed Ostetricia dell’università di Ginevra (Springer, 2022); il testo è corredato di una chiarissima iconografia e tavole esplicative; si tratta di un’opera Open Access (http://creativecommons.org/licenses/by/4.0/), da studiare per arricchire la propria competenza, alla luce degli spunti operativi di un centro di eccellenza europea in ambito di trattamento delle MGF.
.
[1] Patrick Petignat Head of Gynecology Division Department of Pediatrics, Gynecology and Obstetrics Geneva University Hospitals Geneva, Switzerland.
VUOI APPROFONDIRE QUESTO ARGOMENTO?
Leggi anche: Giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Perchè il 25 novembre?