Abstract
La redazione di SIMLAweb vi propone un approfondimento sulla diagnosi di morte da “excited delirium” – molto in voga negli Stati Uniti a partire dagli anni’80 e recentemente criticata da una parte della comunità scientifica – a partire da una review pubblicata su Psychological Medicine nel 2022.
Per leggere l’intero review apri il seguente link: McGuinness T, Lipsedge M (2022). ‘Excited Delirium’, acute behavioural disturbance, death and diagnosis. Psychological Medicine 52, 1601–1611.
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Al termine del processo all’agente Derek Chauvin per l’omicidio di George Floyd, il 19 aprile 2021, l’avvocato difensore del poliziotto ha sottolineato l’importanza dell’onere della prova. Nella sua arringa finale ha detto alla giuria: “Lo Stato deve convincervi al di là di ogni ragionevole dubbio che il signor Floyd non stava vivendo un ‘excited delirium’ che ha contribuito alla causa della sua morte” (CNN Newsroom, 2021).
Uno schizzo di un artista del tribunale che ritrae Derek Chauvin seduto davanti a una foto di George Floyd durante l’apertura del processo a Minneapolis.
Fotografia: Jane Rosenberg/Reuters (da The Guardian del 30/03/2021).
Chi ha familiarità con le inchieste giudiziarie statunitensi non sarà rimasto sorpreso nel vedere la difesa sollevare l’excited delirium (ED) come possibile spiegazione della morte di Floyd. Negli ultimi quarant’anni è diventata una diagnosi regolarmente sostenuta da coloro che difendono gli agenti o i produttori di armi come il taser per sminuire l’importanza dell’uso della forza da parte degli agenti di polizia.
Negli anni ’80 infatti la diagnosi di ED è stata traslata dal capezzale di pazienti febbricitanti, agitati e disorientati alle strade di Miami. Iniziarono ad esserle attribuiti i decessi in custodia di giovani uomini sotto l’effetto di cocaina trattenuti forzatamente dalla polizia a causa del loro comportamento agitato e violento.
Nonostante in questi casi fossero presenti altre condizioni potenzialmente fatali, tra cui l’uso della forza da parte della polizia, con manovre di ‘neck-holds’, ‘choke-holds’ o ‘hog-tying’, si preferiva relegare queste ultime a fattori concausali, definendo la morte come ‘naturale’ per ED, a fronte di concentrazioni ematiche di cocaina inferiori alla dose letale.
Il wrestler Randy Orton mentre applica una chock hold al collega John Cena.
Nel corso dei decenni successivi il termine ‘excited delirium’ fu applicato praticamente a qualsiasi situazione in cui una persona si comportava in modo violento e agitato in un luogo pubblico e poi moriva in custodia mentre o subito dopo essere trattenuta con la forza. Anche i patologi forensi chiamati a testimoniare come ‘expert witnesses’ hanno più volte confermato l’inevitabilità dei decessi da ED, anche se questa entità diagnostica manca di una solida base neuropatologica.
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Il tipico caso di ‘excited delirium’
Il termine ‘excited delirium’ è utilizzato in Nord America per spiegare la seguente costellazione di eventi: decesso inaspettato in custodia o in una struttura sanitaria durante o subito dopo la contenzione; il deceduto, di solito un uomo di 20-30 anni, è stato trattenuto dopo aver assunto un comportamento violento o incontrollabile che ha rappresentato una grave minaccia per la sua sicurezza e/o per quella degli altri; il suo comportamento prima e durante la contenzione comportava uno sforzo fisico estremo e il soggetto manifestava un profondo disturbo emotivo e psicologico.
Spesso vi sono condizioni psichiatriche (disturbo bipolare, schizofrenia, ecc) o fattori concomitanti esogeni (intossicazione da sostante psicoattive o stupefacenti, alcool). L’esame post-mortem non riesce a fornire una spiegazione soddisfacente per la causa della morte, che è quindi attribuita, con un processo di esclusione, all’ED.
Tra gli agenti di polizia americani è molto amata la descrizione fornita dal dr Michael Curtis, che ha affermato che una persona che presenta questi segni è già sul “treno merci della morte” prima dell’arrivo della polizia sulla scena.
Mentre la National Association of Medical Examiners (NAME) e l’American College of Emergency Physicians considerano l’ED una patologia mentale, esso non è tuttavia riconosciuto come tale dall’American Medical Association, dall’American Psychiatric Association e dall’OMS, così come non è presente in alcuna edizione del DSM. Ciò poiché sostanzialmente l’ED è privo di un meccanismo fisiopatologico riconosciuto, una base organica coerente o un’eziologia specifica, mentre è definito principalmente sulla base di descrizioni soggettive di un comportamento “gravemente agitato”.
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Tecniche di contenzione pericolose
L’American Civil Liberties Union e gli avvocati per i diritti civili sostengono da tempo che la diagnosi post-mortem di ED è utilizzata per coprire l’uso di tecniche pericolose di contenzione da parte degli agenti di polizia statunitensi (Garcia-Roberts 2010; Sullivan 2007).
I loro avvertimenti sono rimasti in gran parte inascoltati. Un esempio, tra i tanti, è la morte nel dicembre 2018 di Gregory Edwards nella contea di Brevard, in Florida. Medico veterano dell’esercito americano con diagnosi di disturbo da stress post-traumatico, Edwards è stato arrestato in seguito a un alterco nel parcheggio di un centro commerciale. La moglie ha detto agli agenti che lo hanno arrestato che sospettava stesse vivendo un episodio legato al suo PTSD. Al suo arrivo alla prigione della contea Edwards ha lottato con gli agenti di custodia che hanno risposto con ginocchiate, pugni e l’uso di spray al peperoncino e di un taser. Edwards è stato poi legato a un dispositivo di contenimento soprannominato “sedia del diavolo” e gli è stato messo un cappuccio anti-sputi in testa. Edwards ha smesso di essere reattivo, morendo il giorno seguente in ospedale. La dichiarazione dell’ufficio dello sceriffo sul decesso non faceva riferimento all’uso della forza e suggeriva che “un precedente abuso di inalanti” fosse una possibile causa dell'”evento medico”. Il medico legale locale ha ritenuto che la causa del decesso fosse uno stato di excited delirium.
Devil’s chair, la sedia del diavolo.
Da VICE news.
Le preoccupazioni sull’uso della contenzione e sulle morti in custodia sono precedenti alla definizione di ED come causa di morte. Nel 1982, l’American Journal of Forensic Medicine and Pathology pubblicò un rapporto di due patologi forensi, i dott.ri Reay ed Eisele, che richiamava l’attenzione sui pericoli dei mezzi strangolanti posti al collo degli arrestati da parte delle forze dell’ordine. Poiché “il potenziale esito fatale è presente ogni volta che si applica una presa al collo“, essi raccomandavano che l’uso di questa modalità di immobilizzazione fosse “considerato alla stregua delle armi da fuoco” (Reay & Eisele, riferimento Reay e Eisele1982).
Più di due decenni dopo, Theresa e Vincent DiMaio, un’infermiera psichiatrica e un patologo forense che hanno testimoniato per conto di agenti in numerose indagini, hanno dedicato il loro influente libro “Excited Delirium, Cause of Death and Prevention” “a tutto il personale medico e delle forze dell’ordine che è stato ingiustamente accusato di cattiva condotta in morti dovute alla sindrome del delirio eccitato“.
In un capitolo intitolato “Spiegazioni tradizionali per i decessi dovuti alla sindrome da excited delirium”, i DiMaio respingono le preoccupazioni sui pericoli della contenzione:
Una [spiegazione] è che la morte sia il risultato di un’asfissia posizionale o da contenzione, l’altra che la morte derivi dall’uso di una presa al collo. Gli autori ritengono che nessuna di queste proposizioni spieghi la maggior parte dei decessi associati alla sindrome da excited delirium.
Sul punto, i DiMaio hanno citato gli esperimenti condotti dal dr Theodore Chan e colleghi, in cui alcuni volontari sono stati legati in posizione di ‘hog-tied’ (manette applicate dietro la schiena e agganciate a legacci per le gambe o le caviglie) dopo un esercizio fisico intenso. L’équipe di Chan aveva riscontrato che, pur determinando una limitazione respiratoria, questa costrizione non causava cambiamenti clinicamente rilevanti nella ventilazione o nell’ossigenazione.
Per rispondere alle critiche secondo cui i decessi sarebbero dovuti al fatto che gli agenti si inginocchiano sulla persona trattenuta, Chan et al. hanno poi condotto altri esperimenti, posizionando dei pesi sulla schiena dei volontari trattenuti nella posizione di hog-tied. La loro conclusione fu che questa posizione di immobilizzazione, anche con il peso applicato sulla schiena della persona, non causava ipossia o ipoventilazione.
Tuttavia, gli studi di Chan erano gravati da un grosso limite: l’impossibilità di replicare in uno studio clinico, tra volontari sani, gli effetti sulla respirazione della estrema agitazione, spesso unita al panico, provati dai soggetti arrestati e immobilizzati in strada. I volontari in laboratorio non temevano chi conduceva l’esperimento e sapevano che la loro sicurezza era garantita. In condizioni reali, invece, è noto che esistano effetti sull’omeostasi respiratoria, fisiologicamente pericolosi, delle azioni di lotta contro la costrizione, tra cui l’acidosi metabolica, l’iperkaliemia e la rabdomiolisi, che erano assenti nei test di Chan.
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I tentativi di avvalorare la ED come causa di morte
A seguito di un altro fatto di cronaca avvenuto in Canada (la morte il 14 ottobre 2007 all’aeroporto internazionale di Vancouver di un cittadino polacco, Robert Dziekanski, dopo l’arresto con utilizzo di taser da parte di un agente della Royal Canadian Mounted Police), a sud del confine l’American College of Emergency Physicians (ACEP) ha istituito una “task force” di esperti per valutare se l’ED sia una vera entità medica.
Il gruppo di esperti, composto da medici d’urgenza e patologi forensi, tra cui il dr Chan, ha concluso che l’ED è “una sindrome reale”.
In un articolo celebrativo apparso su Emergency Medicine News e intitolato “Identifying New Disease of Excited Delirium Syndrome Rejects Idea that Police Brutality Causes Deaths“, il presidente della task force, il dr Mark DeBard, ha annunciato la sua “conclusione rivoluzionaria”, dichiarando: “Non capita spesso nella carriera di un medico moderno che una nuova malattia, sindrome o processo patologico sia descritto o riconosciuto. Per raggiungere questo obiettivo è necessario un significativo consenso di esperti“.
Nel 2011 i membri della task force dell’ACEP hanno raccomandato l’uso dei taser nei casi diED per ridurre il rischio di acidosi dovuto a una lotta fisica prolungata.
Per rassicurare coloro che criticano l’uso di queste armi nell’immobilizzazione di individui, un team finanziato dal Joint Non-Lethal Weapons Program del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti ha studiato l’impatto biomedico del loro uso su 31 volontari dell’accademia di polizia.
Il gruppo ha concluso che l’esposizione ai taser non ha generato una risposta allo stress che potrebbe a sua volta causare un ED attraverso il rilascio di serotonina.
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L’ED in Gran Bretagna
Nel 2015 l’allora Ministro degli Interni, Theresa May, ha commissionato un report sull’ED dopo aver incontrato le famiglie di Sean Rigg e Olaseni Lewis, entrambi morti dopo essere stati trattenuti da agenti di polizia.
Sean Rigg era un musicista nero di 40 anni che soffriva di schizofrenia. È morto il 21 agosto 2008 nella stazione di polizia di Brixton, a sud di Londra, in seguito al suo arresto da parte di agenti del Metropolitan Police Service.
Olaseni Lewis era un laureato nero di 23 anni che aveva in programma un corso di studi post-laurea. È morto il 4 settembre 2010 dopo essere stato trattenuto da 11 agenti di polizia mentre cercava aiuto presso il Bethlem Royal Hospital di Beckenham.
Il rapporto ha evidenziato la preoccupazione che l’ED sia sollevato nelle inchieste nel “tentativo di spiegare una morte e di sviare l’attenzione dall’uso della forza” e che il riferimento a questo termine può farlo di fatto diventare il fulcro di un’inchiesta, con la conseguenza che “l’uso di qualsiasi contenzione può essere successivamente minimizzato” (Angiolini 2017, Report of the independent review of deaths and serious incidents in police custody).
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L’assenza di una definizione condivisa
L’assenza di una definizione univoca di ED ha reso difficile stimare la sua incidenza e il suo tasso di mortalità.
D’altronde in una parte della comunità scientifica anglosassone vi è la convinzione che le persone che presentano questi segni siano sempre condannate, incapaci di scendere dal “treno merci della morte”. Questa opinione si ritrova nella descrizione di Wetli, Mash e Karch dell’ED come comprendente “quattro componenti che appaiono in sequenza: ipertermia, delirio con agitazione, arresto respiratorio e morte“. Ciò è in accordo con la conclusione di DiMaio e Dana secondo cui i decessi in seguito all’uso di taser “sembravano essere dovuti alla sindrome da ED in individui che per coincidenza avevano ricevuto scosse da taser“.
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La mortalità da ED
La stima della letalità da ED è effettivamente molto eterogenea: mentre il presidente della task force dell’ACEP ha indicato una mortalità dell’8-14%, uno studio successivo condotto in Canada ha rilevato che, sebbene il 15% delle persone arrestate con la forza avesse tre o più segni concomitanti di excited delirium, solo una di queste 209 persone è effettivamente morta durante o poco dopo la contenzione.
Un altro studio ha riscontrato che i decessi correlati alla contenzione in soggetti dichiarati affetti da ED sono diminuiti del 33% tra il 1988 e il 2011, anche grazie “all’impatto degli avvertimenti e delle raccomandazioni dei medici legali sulla formazione degli agenti di polizia”.
Come ha commentato il medico d’urgenza Jared Strote in uno studio pubblicato nel 2014, in assenza di una spiegazione fisiologica “l’uso della diagnosi di morte da excited delirium rischia la tautologia: esso (agitazione con rischio di morte improvvisa) esiste perché la morte è avvenuta dopo l’agitazione”.
Questo punto è stato evidenziato anche dal prof. Anthony Brown, specialista senior in medicina d’urgenza, in un’inchiesta su un decesso in custodia avvenuto nel dicembre 2009 a Victoria, in Australia. Egli ha contestato l’affermazione di un testimone secondo cui la presentazione del deceduto corrispondeva a quella dei soggetti in preda a ED, dichiarando:
Penso che questa sia solo una descrizione di come erano prima di morire, e non ci aiuta a prevedere chi morirà, perché è morto e, soprattutto, come prevenirlo. Diventa quindi un argomento iterativo in cui è quasi come se la causa della morte fosse la circostanza e credo che questo sia pericoloso.
Una recente revisione rigorosa della casistica ha confermato che, in assenza di contenzione aggressiva, gli stati di grave agitazione non sono intrinsecamente letali. La review conclude che “più è probabile che un decesso sia dovuto alla contenzione, più è probabile che il decesso venga attribuito al [excited delirium], il che consente di ignorare la contenzione come causa”.
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Le preoccupazioni per il futuro
Mentre è probabile che la diagnosi di ED come causa di decesso sarà sempre più screditata a causa della sua mancanza di validità scientifica, gli Autori della review del 2022 sottolineano come stia prendendo piede una terminologia che, per quanto più descrittiva (“disturbo comportamentale acuto“), rischia di essere usata analogamente in modo improprio, per sminuire il ruolo di una contenzione violenta.
Per esempio, nella recente inchiesta sulla morte di Kevin Clarke, un uomo di colore di 35 anni che stava attraversando un grave episodio di scompenso psichico in un luogo pubblico, è stata ufficialmente registrata quale causa del decesso un “disturbo comportamentale acuto (in una ricaduta della schizofrenia) che ha portato all’esaurimento e all’arresto cardiaco, a cui hanno contribuito l’opposizione al contenimento e l’essere stato trascinato” (qui il report del coroner).
Il rischio è quindi che in futuro, abbandonata la diagnosi di ED, siano utilizzati indebitamente altri termini allo scopo di sminuire la minaccia che una contenzione errata rappresenta per la vita in situazioni di arresto altamente problematiche.
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Leggi anche: La costrizione come causa di morte in soggetti in stato di agitazione psico-motoria nel corso di arresti