Abstract
La Cassazione Civile Sezione III si esprime riconoscendo il nesso causale tra condizioni di stress lavorativo e infarto miocardico.
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Abbiamo già avuto modo di mettere in evidenza come la Cassazione Sezione Lavoro si sia espressa in merito al riconoscimento di un danno a carico del lavoratore per un evento cardiaco causato da lavoro stressante.
Il fatto
La tematica si è nuovamente presentata all’attenzione della Sezione 3 Civile della Cassazione, che si è espressa in merito al riconoscimento del danno da perdita del congiunto richiesta dagli eredi di un medico che, dopo essere rientrato al lavoro dopo due episodi cardiaci, fu adibito alle medesime mansioni ritenute non più idonee dalla Commissione medica.
Nel caso specifico i congiunti del medico addebitavano l’ultimo evento infartuale miocardico, con relativo collasso cardiocircolatorio, e decesso al servizio lavorativo svolto (contatto con numeroso pubblico, che poteva causare stress), in quanto la USL datore di lavoro ometteva di seguire le prescrizioni della Commissione medica.
A seguito di una CTU, sia in primo che in secondo grado, la questione civile vedeva la soccombenza del datore di lavoro (USL), con relativa condanna al risarcimento del danno.
Avverso la sentenza della Corte di Appello, l’amministrazione pubblica ricorre in Cassazione, ma anche questa volta i motivi del ricorso sono giudicati dagli Ermellini infondati.
La sentenza
In particolare i Giudici della Cassazione stabiliscono:
- che la condotta della USL, che ha ignorato le indicazioni della Commissione, mantenendo il medico nelle stesse identiche mansioni, ha assunto, come da risultanze dei procedimenti giudiziari precedenti, il rilievo di causa autonoma sufficiente alla produzione dell’evento mortale;
- devono essere risarcite tutte le conseguenze dannose derivanti dall’evento di danno in base non solo ad un rapporto di regolarità giudica, ma anche di causalità specifica;
- non può ritenersi sussistente un concorso tra causa umana imputabile e causa umana non imputabile nella fase di risarcimento, quale elemento per ridurre il quantum.
Può ritenersi quindi che l’orientamento attuale è verso la dimostrazione di una corretta condotta da parte del datore di lavoro, soprattutto là dove la mansione lavorativa rappresenta un fattore stressogeno che “innesca” la causa della morte; mentre è un dato ormai da ritenersi assodato il fatto che le cause umane non entrano mai in concausa con eventi/cause naturali (leggi anche patologici) tali da consentire una diminuzione del quantum risarcitorio, eccezion fatta per una reale verificazione dell’art. 1.227 c.c. (Concorso del fatto colposo del creditore), che presuppone comunque una causa umana.
Le conseguenze medico legali in ordine quindi ai nessi causali tra attività lavorativa, attività umana, omissioni umane e danno alla persona sono rimesse alle riflessioni del lettore, in una tematica altamente “stressante” per il connettoma umano e l’organo cardiaco.
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