Abstract
Una Commissione nominata da SIMLA composta dalla Prof.ssa Cristina Cattaneo, dal Prof. Carlo Campobasso e dai Dottori Mirella Gherardi, Franco Marozzi e Lucio Di Mauro ha esaminato le criticità dell’operatività medico-legale nell’ambito autoptico e della pratica degli interventi medico-legali in ambito penalistico. Vi presentiamo il documento che è scaturito dal lavoro della Commissione.
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LA MEDICINA LEGALE AL SERVIZIO DELLA GIUSTIZIA E DELLA SANITà PUBBLICA: L’ESIGENZA DI UN CAMBIO DI PASSO
GESTIONE DELLE MORTI SOSPETTE: SOPRALLUOGHI E AUTOPSIE GIUDIZIARIE
Il problema
Da oltre un decennio in Italia è andato strutturandosi il preoccupante fenomeno che ha visto ridursi drasticamente il numero di autopsie giudiziarie eseguite su tutto il territorio nazionale.
La collaborazione fra la medicina legale e l’ambito giudiziario nel nostro Paese è attualmente gestita attraverso accordi, più o meno ufficializzati, a seconda della realtà, tra Procure, Ospedali, Istituti di Medicina Legale delle Università e professionisti free lance.
Si tratta di una situazione frammentaria e disomogenea che, allo stato attuale, non è caratterizzabile in dettaglio ma che esercita effetti fortemente negativi sulla possibilità di raccogliere informazioni necessarie a caratterizzare la fenomenologia “violenta” nelle singole realtà territoriali. Ne consegue, da un lato la mancata acquisizione di importanti di strumenti di crescita della disciplina medico legale e, dall’altra, la costante riduzione di interesse da parte delle Procure che si esprime, principalmente, con una sempre minore richiesta di approfondimenti di tipo medico legale. E tanto sorprende a fronte della narrazione mass-mediatica e di cronaca giornalistica che quotidianamente esalta le potenzialità delle moderne scienze medico forensi (v. romanzi gialli, serial TV e programmi televisivi dedicati a fatti di cronaca) generando aspettative nell’opinione pubblica che, purtroppo, non corrispondono affatto alla realtà operativa quotidiana.
Valga a mero titolo esemplificativo l’esperienza di Milano, uno dei più grandi settorati d’Italia, nel quale una solida tradizione organizzativa tra Autorità Giudiziaria e Medicina Legale respinge ancora con forza l’insana abitudine, altrove correntemente applicata, di limitare l’accertamento delle cause di morte al solo esame esterno di un cadavere.
Ebbene, il numero di autopsie giudiziarie eseguite a Milano negli ultimi 10 anni si è ridotto di oltre il 30% (Int J Epidemiol 2022). A questo si aggiunge che, sempre a Milano, solo nel 18% di morti sospette è stato richiesto un sopralluogo medico legale: un dato, questo, che dimostra l’insufficiente coinvolgimento da parte dell’Autorità Giudiziaria di specialisti in Medicina Legale che spesso non vengono neppure resi edotti delle risultanze delle indagini di polizia giudiziaria, elementi fondamentali per la determinazione delle cause e dei mezzi della morte. E sì, perché l’autopsia medico legale non si limita solo a alla sezione cadaverica ma parte come indagine dal sopralluogo e si completa con gli accertamenti radiologici, tossicologici, istologici. Accertamenti che, nonostante le motivate richieste di consulenti e periti, restano sempre più spesso ineseguiti perché non autorizzati.
Nella materiale impossibilità di quantificare l’esatta percentuale di morti sospette correttamente sottoposte ad approfondimenti tipo medico legale nelle diverse realtà del nostro Paese, è tuttavia innegabile il sempre più frequente ricorso a poco onerosi ma inefficaci esami esterni di cadavere, se non al rilascio di frettolosi “nulla osta” con rinvio di molti casi di decesso ad accertamenti di tipo sanitario. O, ancora, in violazione di tutte le norme di Polizia Mortuaria e di Igiene Pubblica, al rilascio della salma “a disposizione dei familiari” senza che sia chiarita la causa della morte.
Oltre a questi effetti, già sufficientemente gravi da giustificare la necessità di un significativo riordino dell’intero modello operativo, le criticità del sistema che governa l’autopsia giudiziaria si riverberano pesantemente sull’affezione degli specialisti in medicina legale verso l’attività settoria. Sono ormai molti gli appartenenti alle nuove generazioni di medici legali che decidono di andare a lavorare all’estero o che, pur rimanendo in Italia, preferiscono dedicarsi ad altre attività.
Ciò non può sorprendere se si considerano:
- i pesanti ritardi, anche di anni, nella liquidazione delle spese di giustizia, spesso quantificate in maniera del tutto incongrua rispetto al carico di lavoro ed all’impegno orario che richiede una autopsia giudiziaria (dall’udienza di conferimento incarico, allo svolgimento dell’autopsia e delle indagini ancillari, alla redazione della relazione scritta, all’udienza dibattimentale, etc.);
- l’anticipazione posta a carico dei consulenti delle spese necessarie allo svolgimento dell’incarico (dalle spese di viaggio, a quelle correlate ai costi delle indagini ancillari, dalla radiologia, alla istologia alla tossicologia) talora quantificabili anche in migliaia di euro;
- la mancanza di sale settorie attrezzate con strumentazioni radiologiche dedicate e facilities) che permettano l’esecuzione di una moderna autopsia;
- la mancanza di personale ausiliario qualificato.
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Tutto ciò, ovviamente, a detrimento della qualità delle prestazioni che i medici legali sono in grado di poter offrire, costretti ad operare in realtà tanto complesse e disfunzionali.
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Perché è importante fare le autopsie (giudiziarie)
Le morti violente o sospette, il “focus” del lavoro del patologo forense, hanno un ruolo fondamentale nella ricostruzione e nel controllo del profilo epidemiologico della società. Attraverso le autopsie, la medicina legale svolge un ruolo centrale nel controllo della morte e delle malattie dovute ad azioni criminose dolose o colpose, tutelando quindi la Salute Pubblica intesa nella sua accezione più ampia. Solo attraverso l’autopsia e le relative analisi di laboratorio possiamo individuare a fondo le cause della morte e anche i reati più subdoli, volontari e non, dal soffocamento all’avvelenamento.
La patologia forense e il suo declino non dovrebbero dunque interessare solo la comunità forense.
Si tratta di concetti già acquisiti dalla comunità scientifica internazionale e oggetto di specifiche raccomandazioni della Comunità Europea (Racc. R/93) nelle quali è espressamente indicato in quali casi sia indispensabile l’esecuzione di un’autopsia medico-forense per l’esercizio dell’azione penale e per la tutela della salute pubblica.
Ciononostante, le autopsie richieste dalle Procure e talvolta anche dai servizi sanitari nazionali continuano a diminuire e non certo per una riduzione della criminalità, ma per le criticità procedurali già più sopra sinteticamente illustrate e per la generale disaffezione allo studio del cadavere che vede nelle potenzialità delle nuove tecnologie (es. indagini radiologiche e di laboratorio), una alternativa valida a soddisfare le esigenze del momento. Si tratta di aspettative che si sono rivelate nel tempo del tutto fallaci tanto che la letteratura scientifica internazionale più recente ha già più volte stigmatizzato il valore dell’autopsia come gold standard per l’accertamento post-mortale delle cause e dei mezzi della morte, specie quando la sezione cadaverica venga supportata da una indagine completa, sin dal sopralluogo per concludersi con indagini di laboratorio quali quelle di marca tossicologica, radiologica, istopatologica.
Ciononostante, le autopsie richieste dalle Procure e talvolta anche dai servizi sanitari nazionali continuano a diminuire e non certo per una riduzione della criminalità, ma per le criticità procedurali già più sopra sinteticamente illustrate e per la generale disaffezione allo studio del cadavere che vede nelle potenzialità delle nuove tecnologie (es. indagini radiologiche e di laboratorio), una alternativa valida a soddisfare le esigenze del momento. Si tratta di aspettative che si sono rivelate nel tempo del tutto fallaci tanto che la letteratura scientifica internazionale più recente ha già più volte stigmatizzato il valore dell’autopsia come gold standard per l’accertamento post-mortale delle cause e dei mezzi della morte, specie quando la sezione cadaverica venga supportata da una indagine completa, sin dal sopralluogo per concludersi con indagini di laboratorio quali quelle di marca tossicologica, radiologica, istopatologica.
Le fattispecie più rilevanti indicate da tutta la letteratura scientifica e dalle relative raccomandazioni internazionali per le quali è fondamentale eseguire autopsie (e sopralluoghi giudiziari), con approfondimenti di laboratorio e tecnologia adeguata, son rappresentate da:
- gli omicidi volontari;
- la diagnosi, il controllo e la prevenzione dei suicidi;
- il controllo e la prevenzione degli incidenti del traffico correlati alle sostanze d’abuso;
- il controllo e prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali;
- l’identificazione personale;
- il controllo e la prevenzione dell’abuso di sostanze;
- gli avvelenamenti volontari e dolosi, anche di carattere ambientale;
- la diagnosi e la prevenzione di casi di maltrattamento ed abbandono di minori, incapaci e soggetti fragili;
- la responsabilità sanitaria.
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Manca in buona sostanza una leadership di alto livello che garantisca idonei finanziamenti per le esigenze quotidiane delle Procure ma anche per un adeguato livello di ricerca e di sviluppo in grado di aggiornare e migliorare la qualità del servizio. Si pensi in proposito che la medicina legale e le scienze forensi non sono previste tra i temi o i campi di ricerca del Consiglio Europeo della Ricerca.
L’importanza dell’autopsia come strumento di tutela della vita e della salute della società è indubbia, sia dal punto di vista della Sanità Pubblica che del Diritto. Questa consapevolezza deve essere coltivata e sostenuta a livello globale attraverso riforme e investimenti, come ad esempio già accaduto in Francia.
Se non si agisce ora, la patologia forense andrà lentamente perduta: ciò priverà la società di uno strumento fondamentale di giustizia e prevenzione.
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INTRODUZIONE NEL SISTEMA SANITARIO NAZIONALE DELLA MEDICINA FORENSE CLINICA SU VIVENTE
La medicina legale (intesa come clinical forensic medicine) svolge un ruolo centrale anche sul vivente per quanto concerne il contrasto e la prevenzione della violenza e dei suoi esiti.
La violenza interpersonale è intesa come violenza tra individui ed è suddivisa in “violenza familiare” e “violenza intima del partner” e “violenza di comunità” (OMS). Questa definizione include i tipi di violenza più “popolari”, che includono la violenza domestica, gli abusi sui minori, la violenza sugli anziani e così via.
La violenza interpersonale ha un impatto sociale oggi davvero impressionante: a livello internazionale globale uccide più di 520.000 persone ogni anno ma, anche ove non fatale, si esprime in pesanti conseguenze fisiche, psicologiche, economiche e sociali a lungo termine. La violenza, o le lesioni provocate intenzionalmente, sono infatti responsabili di una parte significativa del carico globale della mortalità e della morbilità della società moderna.
L’approccio della salute pubblica alla prevenzione della violenza si fonda sul principio che essa non si verifica casualmente, ma è in una certa misura prevedibile analizzando i fattori di rischio della sfera individuale, familiare, comunitaria e sociale. Forme specifiche di violenza, come la violenza sui giovani, la violenza sessuale, l’abuso sugli anziani, il tentato suicidio e la violenza collettiva, possono essere affrontate con diverse metodologie di prevenzione e di promozione di corretti stili di vita.
Tuttavia, indipendentemente dalle ricadute delle varie forme di violenza per la vita e la salute, è innegabile che gli operatori sanitari deputati all’accoglienza e alla cura delle vittime, non sono ancora attualmente preparati a fronteggiare in modo appropriato i casi di questa natura che possono giungere alla loro osservazione. Anche le rare pubblicazioni scientifiche sul tema documentano infatti assai chiaramente l’inadeguatezza di infermieri e medici ospedalieri di fronte a queste tematiche. Tra le più recenti, uno studio brasiliano riporta i risultati di una indagine su questionario dai quali emerge che la maggior parte dei professionisti – medici e infermieri – erano a conoscenza di meno del 50% delle procedure richieste per la documentazione, la raccolta e la conservazione delle tracce forensi, nonché la diagnostica differenziale tra lesione accidentale e non accidentale, di quale natura, etc.
Risultati di questa portata possono essere verosimilmente rapportabili anche al nostro Paese. In effetti, sebbene esistano centri di eccellenza e centri di riferimento per questioni come l’abuso sui minori o gli abusi sessuali, sul resto del territorio è chiaramente percepibile l’impreparazione del personale sanitario specie nella documentazione e nell’interpretazione di un quadro traumatico potenzialmente inferto da terzi.
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Sempre a titolo esemplificativo riteniamo utile citare lo studio effettuato in uno dei più grandi ospedali di Milano i cui risultati si sono dimostrati in linea con quelli internazionali
Sono state esaminate le cartelle cliniche di tutti i pazienti classificati dagli operatori sanitari come vittime di violenze altrui, ovvero perpetrate da terzi) presso il Pronto Soccorso del Policlinico di Milano. Per ciascuna cartella clinica sono stati analizzati 53 parametri comprensivi di dati epidemiologici, relativi alle caratteristiche dell’incidente, al modus operandi clinico, soprattutto con riferimento alla diagnosi di tipo, modalità e cronologia del trauma.
Delle 991 cartelle cliniche esaminate, una descrizione esaustiva della malattia (sede, dimensioni, natura, etc.) è risultata presente solo nel 4,1% dei casi. In nessun caso sono state effettuate analisi per datare le lesioni. Nel 99,3% dei casi non sono stati conservati indumenti appartenenti alla vittima o all’aggressore e solo nel 2,8% dei casi sono state scattate fotografie delle ferite (Int. J. Leg. Med. 2023).
Il ruolo di un medico, chirurgo o infermiere, di fronte a traumi o qualsiasi tipo di lesione traumatica (fisica o psichica), da un livido all’avvelenamento al disturbo post-traumatico da stress, è anche quello di verificare se tale lesione possa essere stata intenzionale o meno.
Per poterlo fare è fondamentale osservare, descrivere, documentare, datare, eseguire analisi anche strumentali. Un paziente che entra in un pronto soccorso con dolore toracico avrà le attenzioni del cardiologo e cure mediche inadeguate potranno portare a un peggioramento della salute del paziente o addirittura alla morte. Lo stesso ragionamento è valido per un bambino con un radio fratturato, attribuito a una caduta accidentale piuttosto che ad una lesione etero-inferta. La diagnostica medico legale è fondata sulla corretta interpretazione specialistica (spesso di natura collegiale) dell’esito di un esame obiettivo, di un esame radiografico, di una TAC o RMN, da correlare con il resoconto anamnestico e con i tempi riferiti di produzione del trauma. Se non si ipotizza la possibile violenza e non si sospetta il maltrattamento, non verranno prese misure per proteggere la salute e la vita del bambino.
È, prima di tutto, una questione di salute e di salute pubblica. Le misure adottate per interpretare correttamente e quindi diagnosticare la violenza sono fondamentali per proteggere la salute e la vita attraverso l’intervento di specialisti del settore che non può essere improvvisato né occasionale.
Questo è il motivo principale per cui è fondamentale che la cultura della diagnosi della violenza sia impressa in tutti i sanitari (medici e non), nella stessa misura di ciò che accade per i tumori, per le malattie cardiovascolari, per quelle respiratorie, etc.
La collaborazione specialistica precoce di un medico legale, ovvero sin dall’intervento dei primi soccorritori, ha anche il vantaggio di garantire la raccolta di elementi di prova come tamponi salivari, prelievi di DNA e/o di tracce utili alla identificazione dell’aggressore.
Anche se questo può sembrare direttamente interpretato come servizio alla giustizia (e in effetti lo è, motivo per cui a volte sorgono diatribe sul fatto che il sistema giudiziario o il sistema sanitario nazionale debbano pagare queste spese) ma, a ben vedere, si tratta di interventi che rientrano a pieno titolo nella tutela della salute. È chiaro, quindi, che a tutti i pazienti devono essere riservate attenzioni e cure adeguate in questo senso. L’esperto di questo tipo di attività è soltanto lo specialista medico legale che dovrebbe essere presente in tutti gli ospedali, in ogni Pronto Soccorso, come ha deciso con apposita Legge la Francia.
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LA RICHIESTA
Il ruolo della medicina legale nel caso delle morti sospette e nel caso di vittime di violenza è fondamentale per la salute pubblica e per una corretta amministrazione della giustizia.
Per questo motivo è cruciale recuperare il territorio e procedere a una riforma della medicina legale sul territorio nazionale, in analogia con quella impostata in Francia, dove i Ministeri di Grazia e Giustizia, della Salute e dell’Università stabiliscono, in base al bacino di utenza delle diverse città, il numero di medici legali ospedalieri, universitari e misti, per i quali è previsto uno specifico contratto di lavoro per lo svolgimento di queste specifiche funzioni.
Si auspica la creazione di un tavolo interministeriale in grado di sovraintendere alla gestione delle autopsie giudiziarie ed all’assistenza delle vittime di violenza sì da superare le attuali preoccupanti criticità e rendere omogeneo su tutto il territorio nazionale un modello operativo virtuoso, a tutela della salute pubblica e delle esigenze di giustizia.
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