Abstract
In un comunicato stampa il Comitato Nazionale di Bioetica (CNB) esprime un parere sulle problematiche connesse ai detenuti che svolgano scioperi della fame. in relazione anche con la Legge relativa alle disposizioni anticipate di trattamento. Sì all’intervento medico in imminente pericolo di vita quando non sia possibile verificare la volontà del detenuto. Ma anche sì all’applicazione piena della 219/17 (DAT). In merito a questa importante presa di posizione un articolo del nostro Davide Santovito e Carola Toffanin (studentessa universitaria e tesista in medicina legale).
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Il Comitato Nazionale di Bioetica (CNB) ha emesso un comunicato stampa in data 6 Marzo in riferimento alle disposizioni anticipate di trattamento (DAT) nei soggetti sottoposti a restrizione della libertà personale.
La questione è di particolare interesse nel campo della medicina legale del vivente, in riferimento ai diritti della persona detenuta di poter esprimere la propria volontà/libertà nei confronti delle terapie mediche e delle risoluzioni assunte in merito allo sciopero della fame.
Tali diritti analizzati dal CNB, non per formulare un parere “ad personam”, ma per porre una risposta a carattere generale ai quesiti posti dal Ministero della Giustizia, ha come fulcro la legge 219 del 2017.
Il comunicato stampa riferisce che la maggior parte dei componenti del CNB ha ritenuto che, nel caso di imminente pericolo di vita, quando non si è in grado di accertare la volontà attuale del detenuto, il medico non è esonerato dal porre in essere tutti quegli interventi atti a salvargli la vita. Tale posizione assunta è ulteriormente corroborata dalla stessa Corte Europea dei Diritti Umani che ha sostenuto come le autorità penitenziarie o i medici non possano limitarsi a contemplare passivamente la morte del detenuto che digiuna. Sotto tale prospettiva quindi le DAT sono incongrue, dunque non applicabili, ove siano subordinate all’ottenimento di beni o alla realizzazione di comportamenti altrui, proprio in quanto sono utilizzate al di fuori della ratio prevista dalla legge 219/2017.
Un orientamento minoritario del CNB non ha invece ravvisato la sussistenza di impedimenti giuridici o bioetici all’applicazione delle disposizioni della legge 219/2017 nei confronti della persona detenuta in sciopero della fame, il cui inviolabile diritto all’autodeterminazione non può essere leso nemmeno in condizioni di pericolo di vita.
Al di là delle divergenze emerse, il Comitato concorda in maniera unanime sull’inderogabilità del diritto di qualsiasi detenuto ad esprimere un proprio assenso o dissenso ai trattamenti diagnostici o sanitari che lo riguardano, prendendo anche in previsione una futura eventuale incapacità di autodeterminarsi e quindi redigere in modo efficace le DAT. Difatti, il regime di detenzione carceraria non mina la capacità giuridica dell’individuo relativamente agli atti di stretta rilevanza personale (Corte Costituzionale, sentenza n.26/1999) e, conseguentemente, non può porre limiti e peculiarità all’applicazione della legge 219 del 2017.
Dalla lettura del comunicato stampa emerge, però, come il CNB ponga una netta differenza tra colui che si autodetermina secondo le previsioni della legge 219/2017 nel rifiutare le cure, in quanto malato, rispetto a colui che esercita un proprio diritto dettato dall’articolo 21 della Costituzione, mediante lo sciopero della fame, la cui finalità risulta ben diversa.
Se quindi lo Stato non ha il diritto di limitare con misure coercitive lo sciopero della fame, che rimane un segno incomprimibile della libertà di ogni essere umano, non sono altrettanto ammissibili trattamenti diretti a favorire il benessere fisico del detenuto che si traducono in costrizioni violente.
È proprio in tale contesto, che il Comitato sottolinea la differenza tra chi adotta questa forma di protesta rispetto alla situazione, differente, del malato che rinuncia alle terapie salvavita.
Questo, per quanto sia un comunicato stampa, traccia al momento in via provvisoria una differenza etica nel bilanciamento di diritti personalissimi tra due esseri umani: uno privato della libertà, il detenuto, ed uno che fa una scelta di vita di sospendere i trattamenti sanitari, dovendosi, pertanto, distinguere la ratio della legge 219/2017 dalla protesta (sciopero della fame) che esprime il diritto di libera manifestazione del proprio pensiero ai sensi dell’art. 21 della Costituzione.
La complessità e la delicatezza della questione suffragano la proposta avanzata da alcuni membri del CNB di un intervento normativo esplicito ed inequivocabile che possa guidare i medici che si troveranno ad affrontare il caso concreto.
Qui potete leggere e scaricare il comunicato stampa del CNB
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