Da queste pagine si è già avuto modo di affrontare il tema della responsabilità medica avanti alla Corte dei Conti per danno erariale indiretto, ossia conseguente ad un pagamento che la pubblica amministrazione eroga quale ristoro di danno a favore di un paziente sottoposto ad una attività medico-chirurgica.
La diversità del giudizio della Corte dei Conti
Questa volta, si porta all’attenzione del lettore la sentenza n. 184/2024 del 26.11.2024 emessa dalla Corte dei conti della Sezione Giurisdizionale per la Regione Lombardia che riguarda un intervento di neurochirurgia a carico del rachide dorsale.
La sentenza offre un importante momento di riflessione in un momento storico in cui il travaglio della responsabilità professionale entra di “diritto” in quasi tutti gli incontri ed i convegni clinici e si spera più con l’ottica di garantire sicurezza al paziente e, al contempo, serenità al personale sanitario nello svolgimento della propria opera professionale, anche sotto un profilo assicurativo.
Se abbiamo già avuto modo di affrontare la tematica correlata alla differenza tra il giudizio penale, civile da quello contabile, argomento questo già molto difficile per gli addetti ai lavori e ancor meno comprensibile per i nostri Colleghi che hanno in mano la salute del cittadino (vedi e vedi), questa ulteriore sentenza mette in luce come il fatto oggetto di contestazione da parte della Procura contabile necessiti sempre e comunque di una ulteriore specifica rispetto al medesimo procedimento in sede civile anche se una domanda rimane sempre: come può variare il giudizio tecnico sull’operato del medico-chirurgo?
Penso, sinceramente, che la risposta a questa domanda dovrebbe trovare accoglimento all’interno di una lunga, lunghissima, giornata congressuale ad hoc, mentre qui si vuole solo portare a riflettere il lettore se, comunque, una situazione dannosa si sia comunque verificata.
Il fatto
Un paziente è sottoposto ad un intervento neurochirurgico di asportazione di ernia discale dorsale D9-D10 mediante toracotomia destra e posizionamento di Cage. L’intervento si svolse senza difficoltà tecniche, secondo il raccordo documentale della cartella clinica, ma il fissaggio della placca e delle viti era eseguito al “buio” non essendo segnalato l’impiego di controllo radiologico durante l’introduzione delle viti nei corpi vertebrali. Il paziente, nel post-operatorio, accusava una paraparesi ed una anestesia agli arti inferiori. Un primo approccio farmacologico a base di cortisonici non risolse il problema e solo dopo 15 ore fu sottoposto a TC dorsale di controllo che evidenziava il mal posizionamento del sistema di fissaggio. Il paziente fu quindi sottoposto a reintervento, quattro ore dopo la TC, per il riposizionamento del relativo sistema. Tuttavia, il quadro clinico rimaneva immutato: paraplegia degli arti inferiori completa, areflessico ipotonica con vescica e alvo neurologico.
A seguito di tale evento il paziente era risarcito e quindi, per il relativo danno erariale, il neurochirurgo fu chiamato a dedurre avanti alla Corte dei conti.
La Procura contabile sulla base della CTU svolta in sede di giudizio civile riteneva gravemente colposa la responsabilità del neurochirurgo non solo riguardo al posizionamento delle viti, ma anche in merito al ritardato reintervento, il tutto aggravato da una ritenuta carenza del consenso informato, chiedendo quindi alla Corte che il neurochirurgo fosse condannato a ristorare il danno erariale causato.
Il neurochirurgo si difendeva mediante il deposito di un elaborato tecnico difensivo che individuava come causa del danno midollare un evento ischemico, quale meccanismo alternativo all’origine del deficit neurologico e negava la sussistenza di un ritardo nel reintervento. La difesa, complessivamente, addebitava anche ad altri operatori sanitari l’origine del danno, dovuto ad una alterazione della posizione del paziente sul lettino operatorio, ed inoltre sosteneva che il paziente era reso edotto del rapporto rischio/beneficio anche in conseguenza dei precedenti e plurimi consulti medici avuti.
Il Collegio giudicante riteneva necessario ricorrere alla consulenza tecnica dell’Ufficio Medico Legale (UML) del Ministero della Salute in Roma che, composto da più figure professionali (medico legale, specialista in neurologia, medicina interna e neurochirurgia) e analizzato tutto il fascicolo, concludeva che l’evento dannoso non era imputabile ad un comportamento negligente ed imprudente del neurochirurgo.
Pertanto, il Collegio della Corte dei conti rigettava la domanda formulata dalla Procura regionale.
Qui sotro potete leggere e scaricare l’intera sentenza di cui ci stiamo occupando.
Tutto è bene ciò che finisce bene?
Forse la risposta a questa domanda, di primo istinto, apparirebbe essere sì, ma è davvero così?.
La prima riflessione è quella relativa alla scansione temporale degli eventi:
- intervento chirurgico del 10.2010;
- richiesta risarcitoria del 06.2011;
- domanda di mediazione e successiva causa civile del 01.2015;
- sentenza del Tribunale del 06.2019;
- primo mandato di pagamento a favore del paziente del 11.2021;
- il paziente fa ricorso in appello il 01.2020;
- atto di citazione avanti alla Corte dei conti del 03.2022;
- ulteriore somma versata a favore del paziente il 07.2022;
- deposito elaborato definitivo dell’UML il 05.2024;
- sentenza della Corte dei conti del 11.2024
A voi alcuni elementi: il tempo per il risarcimento del danno al paziente; la graticola per il chirurgo.
La seconda riflessione: quale e quanta discrepanza tra due giudizi tecnici, ma i riti civile e contabile perseguono obiettivi e tutelano figure processuali differenti ed hanno regole del gioco e di ingaggio differenti.
Pur senza entrare nel merito degli elaborati tecnici scritti dagli ausiliari dei rispettivi giudici e nel rispetto dei loro ruoli, la semplice lettura della sentenza mette in evidenza come la collegialità di un giudizio tecnico possa rispondere alla complessità del caso specifico e come una specifica difesa tecnica possa ben sollevare quei dubbi che il rito contabile richiede per spingere il Collegio giudicante a richiedere un nuovo parere tecnico.
La terza riflessione: ma cosa accade in ambito assicurativo, per una richiesta risarcitoria che trova “pace” in un arco temporale di 13 anni per il sistema e per il chirurgo?
E’ bene che si discutano anche queste criticità in un dibattito interno alla nostra Disciplina.