Abstract
Sulla base del patto di solidarietà tra l’individuo e la collettività in tema di tutela della salute, la Corte Costituzionale indica come il limite di tre anni per la richiesta di indennizzo da danno vaccinale decorre dal momento non solo della conoscenza dello stesso ma anche della sua indennizzabilità da parte della Legge.
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La Corte Costituzionale con la sentenza numero 35 del 2023 torna nuovamente a rimodulare, secondo i principi costituzionali, la legge 210 del 25 Febbraio 1992, che prevede gli indennizzi per le vaccinazioni. La questione di costituzionalità fu sollevata dalla Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, in riferimento agli artt. 2, 3, 32 e 38 della Costituzione, in relazione alla decadenza triennale per la richiesta di indennizzo.
La sentenza ripercorre le tappe salienti attraverso le quali la Corte costituzionale ha di volta in volta rimodulato la legge 2010/1992, rendendo così accessibile l’indennizzo a tutti i soggetti che erano stati sottoposti a vaccinazioni non obbligatorie, ma raccomandate, o facoltative e facendo un richiamo storico su come la Corte stessa diede l’impulso al Legislatore di emanare la legge stessa con la sentenza n. 307 del 1990 (illegittimità costituzionale della legge n. 51 del 04.02.1966 – obbligatorietà della vaccinazione antipoliomielitica).
La sentenza ribadisce come il diritto all’indennizzo fa parte di quel patto di solidarietà tra l’individuo e la collettività in tema di tutela della salute, così da rendere più serio ed affidabile ogni programma sanitario volto alla diffusione dei trattamenti vaccinali, al fine della più ampia copertura della popolazione.
In altre parole, l’indennizzo rientra come solidarietà sociale e di tutela della salute del singolo, che se violato farebbe ricadere su di lui i costi di quegli effetti menomativi dell’integrità psicofisica derivanti da un piano vaccinale obbligatorio oppure raccomandato dallo Stato, comunque attuato nell’interesse anche della collettività, che pertanto deve farsi carico di tali danni.
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Da quando si calcola il termine secondo i Giudici delle Leggi
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La Corte Costituzionale evidenzia che:
“Nello specifico contesto dell’indennizzo, le esigenze di solidarietà sociale e di tutela della salute del singolo, poste a fondamento della disciplina introdotta dalla legge n. 210 del 1992, portano a ritenere che la conoscenza del danno, che segna il dies a quo del triennio per la presentazione della domanda amministrativa, suppone che il danneggiato abbia acquisito consapevolezza non soltanto dell’esteriorizzazione della menomazione permanente dell’integrità psico-fisica e della sua riferibilità causale alla vaccinazione, ma anche della sua rilevanza giuridica, e quindi dell’azionabilità del diritto all’indennizzo”.
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Pertanto, l’art. 3 comma 1 della legge 210/1992, ove dispone che il temine di tre anni per la presentazione della domanda decorra comunque dal pregresso momento di conoscenza del danno, pone una limitazione temporale che collide con la garanzia costituzionale del diritto alla prestazione, ne vanifica l’esercizio e, in definitiva, impedisce il completamento del “patto di solidarietà” sotteso alla pronuncia additiva.
E ancora: “L’effettività del diritto alla provvidenza dei soggetti danneggiati da vaccinazioni impone, pertanto, di far decorrere il termine perentorio di tre anni per la presentazione della domanda, fissato dall’art. 3, comma 1, della legge n. 210 del 1992, dal momento in cui l’avente diritto risulti aver avuto conoscenza dell’indennizzabilità del danno. Prima di tale momento, infatti, è impossibile che il diritto venga fatto valere, ai sensi del principio desumibile dall’art. 2935 cod. civ” (art. 2935 cc: la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere).
Sulla base di tali principi, la Corte Costituzionale dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 1, della legge 25 febbraio 1992, n. 210 (indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati), nella parte in cui, al secondo periodo, dopo le parole «conoscenza del danno», non prevede «e della sua indennizzabilità».
Qui potete leggere e scaricare la sentenza in forma completa.
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