Abstract
In questa sentenza della Cassazione Penale, si ritorna a parlare di linee guida. La Suprema Corte ci dice che non basta che queste siano seguite perché l’intervento del medico deve essere personalizzato riguardo alle specifiche condizioni cliniche del singolo paziente.
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Vi presentiamo un ennesimo intervento della Cassazione Penale (Sezione IV n. 37617 Presidente Di Paolo, Relatore Pavich) che si interessa ancora una volta della problematiche delle linee guida che sembra essere molto caro alla Suprema Corte.
Il caso si riferisce ad un supposto caso di responsabilità medica in ambito ostetrico-ginecologico relativo ad un mancato ricovero di una gravida alla 31° settimana con successivo decesso del feto. Il medico era stato assolto in primo grado avendo i periti identificato, seppur con numerosi dubbi, il decesso in un prolasso del funicolo soprattutto in relazione alla insussistenza di nesso causale tra l’errata lettura del tracciato e la successiva rottura delle acque avendo in più il medico rispettato linee guida interne all’ospedale.
Proposto appello, anche in questa occasione, il medico veniva assolto anche se con motivazioni che la Suprema Corte, trovava estremamente sintetiche e non sufficienti. Questo rappresentava uno dei due motivi per il quale veniva cassata la sentenza d’appello.
In più, gli ermellini si soffermavano ancora una volta sulle linee guida che, secondo le sentenze delle due corti territoriali, sarebbero state rispettate.
Così si esprima in merito la Corte di Cassazione:
A tal proposito giova ricordare che il formale rispetto delle linee guida vigenti presso il nosocomio non poteva (e non può) considerarsi esaustivo ai fini dell’esclusione della responsabilità del ginecologo: ciò in quanto le linee guida, lungi dall’atteggiarsi come regole di cautela a carattere normativo, costituiscono invece raccomandazioni di massima che non sollevano il sanitario dal dovere di verificarne la praticabilità e l’adattabilità nel singolo caso concreto. La giurisprudenza della Corte di legittimità è chiara nell’affermare che il rispetto delle “linee guida” non può essere univocamente assunto quale parametro di riferimento della legittimità e di valutazione della condotta del medico; e quindi “nulla può aggiungere o togliere al diritto del malato di ottenere le prestazioni mediche più appropriate né all’autonomia ed alla responsabilità del medico nella cura del paziente”. Pertanto, “non può dirsi esclusa la responsabilità colposa del medico in riguardo all’evento lesivo occorso al paziente per il solo fatto che abbia rispettato le linee guida, comunque elaborate, avendo il dovere di curare utilizzando i presidi diagnostici e terapeutici di cui al tempo la scienza medica dispone” (Sez. 4, n. 8254 del 23/11/2010 – dep. 2011, Grassini, Rv. 249750; più di recente vds. Sez. 4, Sentenza n. 18430 del 05/11/2013, dep. 2014, Loiotila, Rv. 261294; Sez. 4, Sentenza n. 24455 del 22/04/2015, Plataroti, Rv. 263732, e numerose altre). Del resto, ad ulteriore chiarimento della nozione di linee guida da tenere presente nel caso di che trattasi, può ricordarsi che anche nella recente L. n. 24 del 2017 (la c.d. legge Gelli – Bianco), pur non applicabile al caso di specie ratione temporis, il recepimento delle linee guida in appositi elenchi regolamentati e aggiornati mediante decreti ministeriali non ne ha mutato la natura e la finalità : l’art. 5, comma 1, della legge obbliga infatti gli esercenti le professioni sanitarie – nell’esecuzione delle prestazioni sanitarie con finalità preventive, diagnostiche, terapeutiche, palliative, riabilitative e di medicina legale – ad attenersi alle raccomandazioni previste dalle linee guida (pubblicate ai sensi del successivo comma 3) “salve le specificità del caso concreto”; e d’altronde lo stesso art. 6 della legge prevede l’esclusione della punibilità nel caso in cui l’evento si sia verificato a causa di imperizia quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida sempreché queste “risultino adeguate alle specificità del caso concreto”. Nel caso di specie, appare evidente che la Corte distrettuale ha completamente omesso di verificare se, rispetto alle peculiarità del caso concreto, il rispetto delle linee guida fosse bastevole o richiedesse, invece, un approfondimento delle condizioni della paziente, mantenendola per qualche tempo in ambiente ospedaliero.
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