Abstract
È da poco uscito nelle librerie un bellissimo libro, edito da Einaudi, dal titolo “Vampyr. Storia naturale della resurrezione”. L’autore è Paolo de Ceglia, Professore Ordinario di Storia della Scienza dell’Università Aldo Moro di Bari, già autore di un altro interessante testo sul miracolo di San Gennaro. Il libro, davvero splendido anche perché pervaso da sottile ironia, si interessa delle origini in Europa della leggenda del vampiro. Dal libro di de Ceglia abbiamo estratto una incredibile storia: credo che ben pochi sappiano, infatti, che il diffondersi della credenza sull’esistenza dei vampiri nasce da una serie di autopsie che possono ben essere definite come “giudiziarie”.
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Il vampiro “zero”
Siamo nel gennaio 1732, quando il chirurgo militare austriaco Johan Flückinger si reca nel villaggio serbo di Medvedja appena strappato dall’impero asburgico agli ottomani.
Lì apprendeva da alcuni soldati locali che uno di loro di nome Arnold Paole – il “paziente zero” come lo chiama il Prof. De Ceglia – aveva loro raccontato che era da tempo tormentato da un vampiro. Quest’ultimo, come tutti sanno, dopo essere deceduto per la caduta da un carro di fieno, era diventato lui stesso un vampiro e aveva cominciato ad addentare gli abitanti del villaggio determinando la morte di quattro persone nonché di numerosi animali che, quindi, anch’essi erano diventati “infetti”.
Gli abitanti del villaggio avevamo quindi esumato il cadavere dello sfortunato Arnold Paole, trovando il suo corpo intatto e privo di qualsiasi segno di putrefazione e, come erano abituati a fare in questi casi, gli avevano infilato un paletto di legno nel cuore cosa che destò nel morto un inquietante stridio e la fuoriuscita copiosa di sangue, dopo di che ne avevano ridotto in cenere il corpo. La stessa cosa era stata fatta per le sue quattro vittime.
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Le prime indagini
Prima dell’arrivo di Flückinger le indagini dei solerti asburgici erano già cominciate. Infatti, nell’autunno precedente, il luogotenente colonnello del distretto serbo di Jagodina, Shnezzer, stante la sequela di morti che si era verificata nel villaggio, credendo si trattasse di un’epidemia – erano nel frattempo già morti 13 soggetti – aveva ordinato al Contagions medicus di Paracin, praticamente “uno specialista in malattie infettive” di nome Glaser, di recarsi a Medvedja. Giunto sul posto, quest’ultimo, aveva cercato di spiegare ai villici che non si trattava di vampiri e che quello che credevano non erano altro che superstizioni.
Ma gli abitanti del villaggio non si davano comunque pace ed organizzarono ronde anti-vampiro peraltro individuando i “nuovi” succhiasangue in due donne. Una aveva raccontato prima di morire di aver mangiato due pecore uccise da vampiri. Era così diventata una resuscitata dai morti. L’altra era una giovane morta di parto che si era strofinata con il sangue di un vampiro. Il colonello Glaser aveva quindi ordinato l’esumazione delle due donne e del bambino che, naturalmente, erano in perfetto stato di conservazione; una delle donne era addirittura ingrassata.
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Arriva Flückinger
Stante così le cose si era deciso di inviare il nostro chirurgo Flückinger che accompagnato da due altri colleghi avrebbe dovuto ulteriormente indagare. Questi giunse a Medvedja il 7 gennaio 1732, che corrispondeva al giorno di Natale del calendario ortodosso, e decise di affrontare la cosa con metodo scientifico. Avrebbe dunque sottoposto i corpi dei presunti vampiri ad autopsia.
All’esame esterno di una delle due donne, quella morta di parto, di nome Stanno, il nostro perito settore aveva trovato il corpo privo di segni di putrefazione all’infuori dell’utero. Il chirurgo austriaco però scrisse nel suo referto “che la pelle delle mani e dei piedi con le vecchie unghie, era caduta spontaneamente, facendo vedere sotto una pelle fresca e viva con delle unghie nuove”.
Non era stato possibile invece procedere alla necroscopia sul suo bambino che era stato sbranato dai cani randagi in quanto inumato in una fossa molto superficiale anche perché sepolto al di fuori delle mura cimiteriali in quanto morto non battezzato. La stessa “integrità” era stata rinvenuta nell’altra donna – Miliza – che addirittura era stata descritta come “florida”. Entrambe presentavano, alla sezione anatomica, sangue fluido.
La medesima situazione di integrità era stata rinvenuta anche nelle altre salme. Probabilmente la mancata decomposizione dei cadaveri era legata al freddo intenso dei luoghi. Comunque, il nostro Flückinger aveva redatto un dettagliato rapporto pubblicato poi in un memoriale dal titolo “Visum et repertum” in cui parlò – senza giri di parole – di salme “in condizioni di vampirismo –(“Im Vampyr – Stande”. Tanto che aveva ceduto alle pressioni degli abitanti del luogo che incaricarono gli zingari locali di passare all’azione e che procedettero alla decapitazione dei corpi che vennero poi bruciati insieme alle teste; le ceneri vennero poi buttate nel vicino fiume Morava.
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Una incredibile fake newS
Ancora più incredibile fu la diffusione della vicenda tanto da farci ricredere che le fake news siano un fenomeno odierno.
Il memoriale di Flückinger capitò nelle mani dei redattori di una rivista famosa dell’epoca il “Glanuer Historique” che si pubblicava all’Aia. Questi scrissero con grande enfasi un articolo basato sulle esperienze serbe del chirurgo austriaco. Commisero, però, un clamoroso nel localizzare il paesotto di Medvedja. Questo, infatti, non era presente sulle carte geografiche dell’epoca non propriamente così dettagliate. Ricorrendo spesso nello scritto del militare austriaco la parola Hajduk, denominazione di alcuni militi serbi che avevano lottato contro l’impero ottomano – ecco spiegato il nome della squadra di calcio Hajduk di Spalato – credettero che il luogo degli avvenimenti si trovasse In una località completamente diversa. Ovvero in un distretto posto al confine tra Romania e Ungheria. Questo era denominato Comitato di Hajdù in latino Oppidum Heidonum. E indovinate dove si trovava quest’ultimo. Facile e ovvio: in Transilvania. I solerti autori dell’articolo lo intitolarono “Questione scientifica su una specie di prodigio debitamente attestato”.
Tenete conto che nessuno in Europa aveva mai sentito parlare fino ad allora di vampiri. L’evento venne immediatamente ripreso dal primo settimanale medico tedesco, ancora scritto in latino, il “Commercium Litterarium”.
La notizia fece quindi il giro d’Europa e cominciò a essere il tema numerosissimi articoli e libri.
La leggenda dei vampiri era cominciata.
Ciò conferma che l‘autopsia è di importanza capitale se si vogliono risolvere problemi in ambito giudiziario. Lo diciamo da sempre. Orsù, non vorrete mica mettere il paletto nel cuore del cadavere sbagliato.
NOTA: Le immagini che si trovano nell’articolo provengono dal blog “Magia Posthuma” di Niels K. Petersen
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