Abstract
La ricerca dei possibili “bias” che influenzano l’attività dei consulenti nell’ambito delle scienze forensi e della medicina legale è un argomento poco studiato in Italia. Vi presentiamo un articolo scientifico che affronta il problema con risultati non propriamente accettati.
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Che il giudizio medico-legale debba basarsi soltanto su cognizioni di natura scientifico-clinica appare ovvio. Ma tutti sappiamo, dalla pratica quotidiana, che spesso non è così e lo è tanto più in Italia ove le opinioni nella pratica forense la fanno spesso da padroni. I condizionamenti “esterni” sono comunque molti e la cultura scientifica anglosassone se ne è occupata anche spesso. In questo articolo (Dror, I., Melinek, J., Arden, J.L., Kukucka, J., Hawkins, S., Carter, J. and Atherton, D.S. (2021), Cognitive bias in forensic pathology decisions. J Forensic Sci. https://doi.org/10.1111/1556-4029.14697) ricercatori di diversi paesi si sono concentrati, in particolare, sulle cause di morte di bambini in cui, nella formulazione delle stesse, il patologo forense sembra essere influenzato in modo determinante, per esempio, dalla razza della vittima.
Ecco la traduzione dell’abstract.
Le decisioni dei patologi forensi sono fondamentali nelle indagini di polizia e nei procedimenti giudiziari in quanto determinano se la morte non naturale di un bambino sia stata un incidente o un omicidio. Il pregiudizio cognitivo influisce sul processo decisionale dei patologi forensi? Per rispondere a questa domanda, abbiamo esaminato tutti i certificati di morte emessi durante un periodo di 10 anni nello Stato del Nevada negli Stati Uniti per bambini di età inferiore ai sei anni. Abbiamo anche condotto un esperimento con 133 patologi forensi in cui abbiamo testato se la conoscenza di informazioni non mediche irrilevanti, che non avrebbero dovuto avere attinenza con le decisioni dei patologi forensi, ha influenzato il loro modo di determinare la morte. Il set di dati dei certificati di morte indicava che i patologi forensi avevano maggiori probabilità di pronunciarsi su “omicidio” piuttosto che su “incidente” per le morti di bambini neri rispetto a quelli bianchi. Ciò può sorgere perché l’aspettativa del tasso di base di questi casi (maggiori omicidi nei soggetti “neri”) crea un pregiudizio cognitivo a priori per stabilire che i bambini neri sono morti a causa di omicidio, che poi si perpetua indipendentemente da reali dati di tipo clinico o anatomo patologico. A conferma di questa spiegazione, i dati sperimentali ottenuti nell’esame delle risposte dei 133 patologi forensi interrogati nello studio, hanno mostrato decisioni distorte quando hanno ricevuto informazioni mediche identiche ma diverse informazioni non mediche irrilevanti incentrate sulla razza del bambino e su chi era il caregiver che li ha portati in ospedale. Questi risultati insieme dimostrano come le informazioni estranee possono provocare pregiudizi cognitivi nel processo decisionale della patologia forense.
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Qui sotto potete scaricare l’articolo.
La domanda è: sarebbe così anche in Italia? Probabilmente, in questo ambito, la componente “razziale” nell’ambito decisionale, dovrebbe risultare meno presente ma affermare che il problema dell’immigrazione non possa giocare un ruolo, forse, risulterebbe azzardato. È certo che lo studio dei bias cognitivi nelle decisioni medico-legali, è assai poco frequentato, e forse sarebbe bene approfondirne lo studio anche in altri campi della nostra attività.
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