Abstract
Novembre, mese dei morti. Partiamo per un virtuale viaggio oltreoceano per raggiungere il Messico, paese nel quale la morte è così inestricabilmente embricata con la vita di tutti i giorni che molti la considerano alla stregua di un simbolo nazionale.
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Detta con le parole del premio Nobel per la Letteratura Octavio Paz: “La parola ‘morte’ non è pronunciata a New York, Parigi, Londra, perché brucia le labbra… Il Messicano, invece, ha familiarità con la morte, ci scherza, la accarezza, va a letto con lei, la celebra; è uno dei suoi giochi preferiti e il suo amore più costante”.
Perfino la rappresentazione iconografica della morte è ubiquitaria in Messico, dove essa è celebrata come in nessun’altra parte del mondo, con immagini, dipinti, sculture e raffigurazioni di ogni tipo.
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El Día del los muertos
Il culmine delle attività legate al mondo dei defunti è raggiunto il Giorno dei morti (in spagnolo: Día de los muertos), tradizionalmente celebrato tra l’ultimo giorno di ottobre e i primi due di novembre. Rispetto alle celebrazioni liturgiche cristiane che si collocano nello stesso periodo, il Dia de los Muertos ha toni meno solenni e si presenta al contrario come una festa gioiosa, che coinvolge l’intera famiglia e riunisce gli amici, in un rito collettivo che ricorda e celebra i cari defunti. Non solo: la credenza popolare vuole che le porte del paradiso siano aperte dalla mezzanotte del 31 ottobre affinché gli spiriti dei bambini defunti possano ricongiungersi alle loro famiglie per 24 ore; lo stesso accade per le anime degli adulti il 2 novembre. Per far sì che lo spirito del defunto possa trovare la strada di casa i familiari approntano nella abitazioni coloratissimi altari rituali, le ofrendas, con i cibi e le bevande preferite dal caro estinto.
Le celebrazioni inoltre prevedono la visita alle tombe di amici e parenti e il dono di piccoli oggetti ai defunti, tradizionalmente le calaveras (teschi ornamentali) e il cempazúchitl (antico fiore azteco giallo o arancione del genere delle calendule). Nel 2008 la tradizione del Dia de los muertos fu iscritto dall’UNESCO nella Lista rappresentativa dei Patrimoni orali e immateriali dell’Umanità.
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L’origine del culto della morte in Messico
La teoria più accreditata è che le pratiche odierne siano eredi dei riti degli antichi popoli indigeni, cui si mescolarono le credenze e le tradizioni cattoliche dei conquistatori spagnoli. Ciò è particolarmente evidente durante la celebrazione del Dia de los muertos, nel quale si riscontrano aspetti delle ricorrenze liturgiche cristiane del giorno di Ognissanti e del giorno della commemorazione dei defunti.
Allo stesso modo, le elaborate ofrendas allestite nelle case private e nei luoghi pubblici risalgono ad antichissime tradizioni azteche e contengono elementi tipicamente locali (es. cibi, incensi, fiori) mescolati con altri di origine cattolica (es. crocefissi).
Questi elementi eterogenei sono spesso combinati in modo complesso. Per esempio, i fiori cempaxóchitl, simbolo della tradizione indigena, rappresentano un mezzo per guidare le anime a casa ma al contempo sono usati dai bambini per costruire i rosari, tipica icona della cultura cattolica.
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La partecipazione dei bambini nei riti legati alla morte
Un aspetto chiave della cultura messicana della morte è che non solo gli adulti ma anche i bambini partecipano attivamente ai rituali funebri e sono esposti quotidianamente a immagini simboliche legate al mondo dei defunti.
Le conseguenze di tale coinvolgimento fin dall’epoca infantile, a differenza di altre culture (prime tra tutte quella europea) nelle quali i bambini sono tenuti lontani dal pensiero della morte e “protetti” dagli adulti, sono state indagate da un interessantissimo lavoro di Gutierrez e colleghi, pubblicato nel 2021 dallo U.S. Department of Health and Human Services, l’equivalente del “ministero della salute” del governo federale americano.
Lo Studio è stato condotto sul campo, tra ottobre e novembre 2007, nello stato messicano di Puebla, nelle città di Cholula e Puebla, attraverso l’osservazione di 53 famiglie nel corso della preparazione e della celebrazione del dia de los muertos e la somministrazione di questionari agli adulti e ai bambini arruolati.
I ricercatori hanno osservato come i bambini erano coinvolti attivamente in tutte le fasi degli elaborati preparativi prodromici alla festa, a partire dall’acquisto al mercato dei prodotti con cui allestire le ofrendas. Partecipavano poi alla costruzione degli altari rituali nelle case, nelle scuole e nei luoghi pubblici tramite la collocazione di fotografie dei defunti, cibo, candele, fiori. I più grandi cucinavano i piatti da porre sulle tombe e sulle ofrendas.
I bambini accompagnavano i genitori a visitare le ofrendas di altre famiglie e andavano nei cimiteri a giocare con i loro coetanei, aiutavano a decorare le tombe, partecipavano alle veglie di attesa per il ritorno dei defunti, spesso ascoltando musica suonata dal vivo in questi luoghi.
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Si noti come tutte queste attività contrastano con la tradizione di origine cattolica in uso nel Nord America e in Europa secondo la quale nel giorno di commemorazione dei defunti le visite ai cimiteri sono caratterizzate da sentimenti di lutto, tristezza, silenzio e quiete.
Al di là dell’acme raggiunto nel dia de los muertos, la pervasività della ritualità e della rappresentazione della morte nella vita quotidiana in Messico fa sì che i bambini cresciuti in questi luoghi abbiano una esposizione prolungata e costante ai simboli di morte, contrariamente a quanto avviene per i loro coetanei europei e nord americani. Sul punto, Rosengren e colleghi – nel loro saggio “Children’s understanding of death: Toward a contextualized and integrated account” (2014) – rilevarono come i bambini cresciuti in Europa e Nord America arrivino all’età di 6 anni senza aver nella maggior parte dei casi mai partecipato ad un funerale (75%).
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I risultati dello studio di Gutierrez e colleghi
Lo studio evidenzia come i bambini dello Stato di Puebla generalmente comprendono i quattro sub-concetti biologici legati alla morte (universalità, irreversibilità, perdita delle funzioni vitali e casualità).
Tuttavia, è stata osservata una ridotta percentuale di risposte affermative sul fatto che ‘tutte le cose muoiono‘ nel questionario somministrato ai bambini più grandi. Ciò contrasta con il rilievo di un aumento della comprensione dell’universalità della morte al crescere dell’età del bambino osservata in altri studi analoghi condotti sulla popolazione pediatrica del Nord America (Rosengren 2014). Ciò è probabilmente da ricondursi al fatto che crescere in un gruppo culturale in cui la morte è costantemente celebrata e in cui i bambini sono abituati a pensare che i defunti tornino nelle proprie case una volta l’anno, mangino il cibo offerto e addirittura interagiscano con i vivi può portare ad una visione non-biologica dell’evento morte.
Tra le conclusioni dello studio vi è che nella maggioranza dei bambini intervistati si osserva la coesistenza di una concezione della morte come fenomeno biologico e di una credenza spiritualistica che accetta la possibilità che i defunti tornino tra i vivi e comunichino con loro. Ciò conferma che le due categorie ontologiche della morte – biologica e spirituale – per quanto apparentemente in contraddizione possono coesistere nella mente dei bambini, come già indicato da altri studi (Busch et al, 2017; Harris & Giménez, 2005; Legare et al, 2012; Watson-Jones et al, 2016).
Solo il 31% del campione di bambini arruolati ha riportato di essere spaventato durante le celebrazioni del dia de los muertos e il loro numero decresce all’aumentare dell’età: addirittura, i bambini più grandi si sono dichiarati felici ed eccitati durante i festeggiamenti.
Quando interrogati sulla possibilità ipotetica della morte di un loro caro, i bambini dello stato di Puebla non hanno espresso nella maggior parte dei casi sentimenti negativi, a dimostrazione del fatto che la familiarità con la morte e con il concetto di al di là possano essere potenti meccanismi di coping nei confronti del lutto.
Come canta dolcemente il leitmotiv di Coco (film Disney del 2017, che racconta le vicende di una famiglia di messicani nel dia de los muertos, tra mondo terreno e aldilà):
Remember me though I have to say goodbye
Coco (film d’animazione, 2017)
Remember me, don’t let it make you cry
For even if I’m far away, I hold you in my heart
I sing a secret song to you each night we are apart
è forse proprio questo il segreto: una radicata familiarità con la morte come quella che permea la cultura messicana può creare un milieu favorevole di coesione sociale e di migliore adattamento ai lutti, a qualsiasi età.
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