Abbiamo già parlato nell’articolo precedente (vedi) delle varie fattispecie di risposta possibile da parte delle aziende ospedaliere nei confronti di proposte di conciliazione fatte pervenire dai CTU in sede di 696bis.
Qualche riflessione
Quanto fin qui proposto non vuole in alcun modo costituire una critica sterile al sistema della conciliazione, la cui utilità nelle vertenze di responsabilità medica è innegabile.
Ciò che va considerato sono i complessi processi che regolano i rapporti tra i vari soggetti coinvolti, per cui è necessario che il medico legale che compone un collegio tecnico ne sia consapevole se vuole contribuire in modo reale e utile al tentativo di definizione conciliativa di una vertenza.
La convenienza a transigere
La convenienza a transigere può essere fondata su presupposti tecnico-giuridici sicuramente validi e di interesse per entrambe le parti in causa. Tra questi:
- Sottoscrizione privata della transazione
- Rapida definizione favorevole della vertenza
- Contenimento del danno risarcibile, soprattutto per quanto riguarda la traduzione economica delle varie voci che possono contribuire a qualificarlo, ma che non sempre vengono riconosciute nelle forme sperate
- Esclusione di giudizi tecnici di chiara colpevolezza nei confronti di operatori sanitari specifici che possano costituire valido presupposto per una successiva azione di rivalsa
Le logiche che muovono una resistenza delle strutture a aderire ad un dialogo conciliativo possono essere varie: tra queste, la più giustificabile, è la volontà di tutela nei confronti del personale dipendente e il difficile rapporto con i vincoli imposti dall’art. 13 della legge 24/2017. Ma questa volontà di tutela non dovrebbe oltrepassare i limiti della ragionevole prospettazione del concreto rischio di soccombenza, né tantomeno essere ancorata ad un generico e immotivato timore di rivalsa contabile per una transazione autorizzata.
La posizione della Corte dei Conti
I presupposti entro cui deve orientarsi la decisione di aderire ad una transazione sono ben definiti dalla Corte dei conti (Sez. Piemonte n. 61/2021) che così si è espressa: “perché la transazione possa fondare la richiesta risarcitoria, essa non deve fondarsi su scelte irragionevoli, arbitrarie, illogiche o abnormi, ma al contrario deve costituire il frutto legittimo di una ponderata valutazione, finalizzata a salvaguardare gli interessi patrimoniali pubblici mediante una ragionata analisi del rapporto costi/benefici in relazione alla dinamica del caso concreto. Infatti, in presenza di una transazione palesemente irragionevole, essa interromperebbe il nesso causale tra l’operato dei sanitari ed il danno rappresentato dall’esborso economico conseguente all’accordo transattivo”.
Fondamentale, in questo senso, la valutazione del rischio di soccombenza di una struttura, che costituisce il fulcro della valutazione medico-legale, non più chiaramente incentrata sulla colpa dell’autore dell’evento dannoso, ma sul ruolo di responsabile civile (ovverosia l’azienda sanitaria).
Sul punto, si richiamano alcune delibere pronunciate dalle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti (tra queste, la Delibera n. 12 del 26/10/2020 della sezione regionale di controllo per il Lazio), che forniscono spunti interessanti sulla qualificazione del rischio di soccombenza: certo (in caso di sentenze esecutive o passate in giudicato), probabile (superiore al 51%), possibile (inferiore al 49%), remoto (inferiore al 10%). Giudizio che non può che passare da un’attenta disamina della vertenza e da un parere medico-legale puntuale che tenga conto di tutti gli elementi tecnici a disposizione.
In conclusione
Va in ogni caso considerato che la conciliazione non è appannaggio esclusivo del collegio tecnico; anzi, quello della CTU è solo uno dei tanti momenti (forse il primo) in cui può essere tentata una conciliazione tra le parti, ma sicuramente è la sede più adatta per affrontare e prendere in esame tutti gli elementi utili per raggiungere l’obbiettivo.