Abstract
Una presentazione con commento alla sentenza, 11 agosto 2022 296/2022 della Corte dei Conti Sezione Terza Giurisdizionale Centrale d’Appello in tema di azione erariale in un caso di responsabilità medica. “versioni alternative” della medesima fattispecie? Se lo domandano i nostri Davide Santovito e Cristina Vecco (Specialista in Formazione della Scuola di Specializzazione in Medicina Legale di Torino).
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Il 17.12.2018 il Procuratore della Corte dei Conti regionale ha convenuto in giudizio uno specialista in Ginecologia e Ostetricia, per vederlo condannare al pagamento della somma di euro 140.000 oltre accessori di legge e spese di giustizia, per il danno erariale indiretto derivante dalla liquidazione in sede transattiva dei danni patrimoniali e non patrimoniali sofferti dalla paziente procurati da un episodio di malpractice sanitaria. Il ginecologo intervenne nella gestione del parto prematuro esitato in distacco di placenta, morte del feto ed isterectomia totale della paziente.
Con la sentenza n. 368 del 2019 della Corte dei Conti regionale, respinse l’eccezione di inammissibilità dell’azione erariale ex art.13 L. n.24/2017 perché non applicabile ratione temporis ai fatti di causa e non ritenne necessaria una consulenza tecnica d’ufficio, così accogliendo la domanda della Procura regionale, riconoscendo responsabile del danno cagionato all’azienda ospedaliera il ginecologo. L’addebito si basava sul fatto che il medico aveva sottovalutato, con grave negligenza ed imperizia, la gravità della situazione, non procedendo immediatamente ad un esame ecografico approfondito, non sollecitando e ritardando di prendere visione delle analisi di routine e procrastinando il taglio cesareo nonostante la partoriente manifestasse i sintomi della sindrome HELLP, causando così il danno risarcito all’azienda.
Il medico mosse appello averso la sentenza di primo grado ritenendola affetta da vizi logici e di motivazione e deducendo plurime censure in rito e di merito. L’appellante ripropose l’eccezione di inammissibilità dell’azione di responsabilità per violazione dell’art.13 della legge n.24 del 2017 (cd. “Gelli-Bianco”), che impone alle strutture sanitarie e alle imprese assicurative di comunicare all’esercente la professione sanitaria l’instaurazione del giudizio di risarcimento del danno ovvero l’avvio di trattative stragiudiziali. Inoltre, lamentava che il Collegio di primo grado prese in considerazione elementi probatori in ordine dei quali l’odierno appellante non potè contraddire. In aggiunta, lamentava che l’azienda ospedaliera esercitò l’azione di rivalsa nei confronti dell’odierno appellante omettendo di evidenziare i profili di responsabilità diretta della stessa azienda per le omissioni che sarebbero la prima fonte di responsabilità per quanto accaduto.
Sul piano di merito, l’appellante addusse l’infondatezza dei presupposti di fatto e di diritto della responsabilità per danno erariale e l’insussistenza di una prova certa di tale responsabilità evidenziando l’avvenuta archiviazione del procedimento penale instaurato contro di lui.
La Procura Generale contestò la ricostruzione dei fatti proposta dall’appellante, confermò la correttezza della decisione di condanna dell’appellante e chiese di respingere il gravame perché infondato in fatto e in diritto con condanna dell’appellante alle spese del grado.
La Corte di Appello, contrariamente alla contestazione della Procura Generale, ritenne l’appello fondato e, diversamente dalla Corte territoriale di primo grado, non ritenne sussistere, nella causazione del danno erariale, la responsabilità dell’appellante, valutata secondo la regola giurisprudenziale della preponderanza dell’evidenza o del “più probabile che non”, adottata anche dalla giurisprudenza contabile.
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Il fatto clinico
In data 04.11.2011 la paziente era sottoposta a controllo ginecologico a due giorni dalla data presunta del parto. La visita era eseguita dal ginecologo il quale consigliava, in modo precauzionale, il ricovero per effettuare la profilassi del di-stress respiratorio che la paziente rifiutava. Il giorno seguente la sig.ra era nuovamente visitata presso il P.S. da altro medico, che non rilevava, come il suo collega il giorno precedente, alcuna anomalia nella gravidanza. Il 06.11.2011 la paziente era ricoverata presso il reparto di Ostetricia e Ginecologia. Intorno alle ore 8:00 dall’indagine ecografica e cardiotocografica non emergeva alcuna anomalia. Inoltre, erano eseguiti dei prelievi ematici in via d’urgenza a puro scopo preventivo “contravvenendo alle disposizioni aziendali che non consentivano di farle nei giorni festivi… se non in caso di accertata necessità ed urgenza”. Fino alle ore 12:30 non si evidenziava alcuna anomalia ai controlli della pressione arteriosa, della frequenza cardiaca della donna e del battito cardiaco del feto. La situazione si complicava intorno alle ore 13:00, quando il ginecologo, esaminato il referto degli esami ematici, sospettando una sindrome HELLP, allertava il primario e dava indicazione per il parto cesareo che esitava in morte del feto e la paziente era sottoposta ad isterectomia totale.
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Le motivazioni della Corte di appello
Dalla lettura della sentenza, emerge chiaramente che la Corte di appello rivaluta per intero tutto il materiale probatorio, in particolar modo la documentazione sanitaria agli atti e quella delle Procura della Repubblica, attraverso la quale evidenzia l’assenza di elementi costitutivi della responsabilità amministrativa a carico dell’appellante e dell’elemento soggettivo della colpa grave e del nesso di causalità tra la sua condotta e il danno subito dalla sig.ra, risarcito dall’azienda ospedaliera.
In sintesi, dalla sentenza della Corte di appello emergono i seguenti elementi a fondamento dell’assoluzione del ginecologo:
- Uno dei punti di contestazione, che condusse alla condanna del ginecologo in primo grado, riguardava l’aggettivo “ecografici” riportato come “aggiunta” in cartella clinica, che a detta della Corte dei Conti territoriale era sufficiente per mettere in dubbio la veridicità di quanto attestato in cartella clinica. La Corte di appello, facendo una revisione di tutto il materiale probatorio, compresi gli atti della Procura della Repubblica e dei CT nominati dalla stessa, non condivise tale impostazione, ritenendo che se per la stessa Procura non vi erano dubbi sulla veridicità documentale, allora non poteva sollevarsi tale questione.
- La Corte territoriale non aveva tenuto in debito conto le contrarie e articolate argomentazioni tecniche medico legali del convenuto.
- La realtà fenomenica, accertata anche in sede penale, mal si conciliava con la conclusione della Corte territoriale secondo cui con altissima probabilità scientifica non sarebbe mai stato necessario procedere all’isterectomia, sebbene sussista il principio di separatezza del giudizio contabile rispetto a quello civile o penale.
- Il quadro fattuale, ricostruito in ambito penale, differiva rispetto a quello prospettato dalla Procura regionale e fatto proprio dal giudice territoriale.
- La Corte d’appello riconosceva la non univocità del quadro probatorio e la complessità dell’accertamento relativo al nesso di causalità tra la condanna di tutti i sanitari, e non solo dell’appellante, coinvolti nella vicenda ed il danno patito dalla paziente, fatti che avrebbero dovuto indurre il Giudice di prime cure ad avvalersi di una consulenza tecnica specializzata ai sensi della Legge n. 24 del 2017, art. 15.
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La sentenza ribadisce nuovamente la valenza della consulenza tecnica di parte, se possiede determinati requisiti, su cui avevamo già discusso in questo sito (Santovito D. “Il valore della CT di parte e la prospettiva di Leonardo“). Al contempo evidenzia come sia necessario ricorrere, anche in sede contabile, ad una Consulenza Tecnica di Ufficio secondo i canoni dettati dall’art. 15 della legge 24/2017, prospettiva questa non ancora pienamente realizzata.
È molto interessante la sintesi e la conclusione a cui giunge il Collego dell’appello, dopo aver puntualizzato i fatti e le condotte del ginecologo:
“Tali fondamentali circostanze, se adeguatamente valutate, avrebbero potuto (e dovuto) indurre il giudice di prime cure ad assolvere da ogni addebito il dott. […] e ad ipotizzare profili di responsabilità, per il danno patito dalla sig.ra xx, in capo alla dirigenza dell’azienda ospedaliera per avere lasciato il dott. […] ad operare da solo, nel reparto di Ginecologia ed Ostetricia e presso il Pronto Soccorso, per di più in un giorno festivo, non predisponendo le necessarie misure organizzative idonee a fronteggiare eventuali ma possibili situazioni di emergenza sanitaria, come quella che purtroppo si è verificata nel caso di specie. Per tutte le considerazioni sopra esposte, il Collegio ritiene meritevole di integrale accoglimento l’appello proposto dal dott. […], dovendosi, per l’effetto, annullare la gravata sentenza. Le spese seguono la soccombenza vanno poste a carico dell’azienda ospedaliera […]”.
Il principio che la sentenza di appello qui riportata mette in evidenza è il concetto di fatto, inteso come unicità fenomenica oggetto di valutazione, che deve essere ricostruito tenendo in considerazione tutto il materiale probatorio a disposizione. La realtà fenomenica, per quanto risponda alle rispettive regole dello specifico procedimento processuale, dovrebbe rimanere sempre e solo una.
Qui sotto potete leggere e scaricare la setenza
Altrimenti… Beh forse si entra nel metaverso come nella serie “What if…” su Disney Channel. Ovvero cosa sarebbe successo se le imprese dei Supereroi Marvel fossero andate in un altro modo?
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