Abstract – Nel contesto di una ricerca promossa dall’Università “La Sapienza” di Roma, vi presentiamo un sondaggio che indaga sulle opinioni in merito a fine vita, suicidio assistito ed eutanasia.
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Su input del Prof. Giorgio Bolino, Associato di medicina Legale dell’Università “La Sapienza” di Roma, Simlaweb è felice di collaborare con la ricerca promossa dall’illustre collega, tesa a testare le opinioni di medici e non, su alcuni scottanti temi che non hanno ancora trovato una sistemazione legislativa. Stiamo parlando di “fine vita” e di morte volontaria medicalmente assistita (suicidio assistito, eutanasia).
Qui sotto il razionale dell’indagine:
Si tratta di un questionario (anonimo) indirizzato a tutta la popolazione (medici e non) finalizzato ad una valutazione su larga scala circa le opinioni personali in tema di “fine vita”, sondando in maniera qualitativa e quantitativa, le diverse posizioni riguardo le modalità di gestire il proprio congedarsi dalla vita (rifiuto delle cure e dei trattamenti di sostegno vitale, cure palliative, suicidio assistito, morte medicalmente assistita, eutanasia).
DEFINIZIONI E PREMESSA METODOLOGICA
Nel panorama mondiale sono ormai tanti i Paesi che prevedono, in misure e grado differenti, il diritto a ricevere una forma di assistenza alla morte volontaria (mediante suicidio assistito o eutanasia).
Eutanasia (letteralmente: buona morte): è “l’atto con cui un medico o altra persona somministra farmaci su libera richiesta del soggetto consapevole e informato, con lo scopo di provocare intenzionalmente la morte immediata del richiedente. L’obiettivo è quello di anticipare la morte al fine di togliere la sofferenza”. È consentita in Olanda, Belgio, Spagna, Canada e Germania: che hanno riconosciuto un vero e proprio diritto all’aiuto al morire lasciando totale spazio all’autodeterminazione del paziente anche nella scelta della procedura più adeguata alle sue capacità residue. È vietata invece in Italia (configurerebbe l’omicidio del consenziente ex art. 579 c.p.).
Suicidio assistito: in questo caso è l’interessato che compie l’ultimo atto che provoca la sua morte, mediante l’essenziale collaborazione di un medico, il quale prescrive e predisponga il prodotto letale. Non è sempre praticabile (pazienti non in grado di azionare l’infusione del farmaco oppure con persistenti alterazioni della coscienza). È consentita ed es. in Svizzera, alcuni Stati degli USA e, dopo diverse pronunce giurisprudenziali (C.C. n. 207/2018-242/2019- 50/2022; C. Ass. Massa 27/07/2020), è possibile anche in Italia dove si è deciso di depenalizzare l’aiuto al suicidio ma escludendo dalla tutela i soggetti non in grado di autosomministrarsi il farmaco.
Ai fini del presente sondaggio, i concetti di eutanasia e suicidio assistito vengono ricompresi nella più ampia definizione di Morte Volontaria Medicalmente Assistita (MVMA). La linea di demarcazione tra le due risiede nel soggetto che compie l’ultimo gesto della somministrazione: nel suicidio assistito è il paziente, se in grado (fermo restando che, tuttavia, la prescrizione/preparazione della miscela farmacologica è comunque attuata dal sanitario); mentre nell’eutanasia è una figura terza a infondere il farmaco, prescritto e predisposto per l’assunzione da un professionista sanitario.
Rifiuto e sospensione dei trattamenti di sostegno vitale che sono definibili come «qualsiasi trattamento sanitario, interrompendo il quale si verificherebbe la morte del malato anche in maniera non rapida». Ad oggi, tale pratica è consentita ai sensi della Legge 219/17, ma comporta in genere un prolungamento dell’agonia esponendo non solo il paziente ma anche i suoi cari ad un processo spesso lungo o di incerta durata.
Sedazione palliativa profonda e continua: è un tipo di sedazione riservata a pazienti in stato avanzato (e terminale) di malattia finalizzata a contrastare la percezione del dolore mediante la depressione della coscienza (profonda) protratta fino alla morte (continua).
Disposizioni anticipate di trattamento (DAT) ex art. 4 L. 219/2017: sono gli atti con cui una persona maggiorenne e capace di intendere e di volere, in previsione di un futuro stato di incapacità a prestare in prima persona il proprio consenso/dissenso (perdita della capacità di intendere e di volere), può esprimere i propri orientamenti, preferenze e convinzioni in materia di trattamenti sanitari e di fine vita, nominando un soggetto fiduciario che lo rappresenti nelle relazioni con il medico e le strutture sanitarie.
Pianificazione Condivisa delle Cure (PCC), ex art. 5 L. 219/2017, è un processo dinamico di pianificazione anticipata del percorso di malattia e cura di una persona affetta da patologia cronica, invalidante o caratterizzata da inarrestabile evoluzione con prognosi infausta. Permette, in caso di incapacità di comunicare e/o di esprimere il proprio consenso, di orientare l’assistenza sanitaria nel rispetto delle sue volontà terapeutico-assistenziali precedentemente espresse specie per le fasi terminali della malattia. A ben vedere, quindi, in Italia vi sarebbero già attivi istituti normativi (DAT e PCC) sul “fine vita”. Qualora fosse emanata una legge specifica sulla MVMA, si amplierebbe lo spazio di espressione delle proprie scelte sul modo di morire e sulla gestione del proprio corpo.
L’ambito del fine vita è, come noto, oggetto di continua discussione socio-politica e bioetico-deontologica e una loro riconsiderazione sul piano legislativo, così come in tempi recenti sta già ripetutamente avvenendo nel contesto internazionale e come peraltro auspicato nelle ultime pronunce giurisprudenziali italiane, potrebbe condurre ad un cambio radicale nell’assistenza sanitaria e ad una svolta epocale del diritto.
Essendo il dibattito in questione ancora del tutto aperto ed in continua evoluzione, riteniamo che sondare le opinioni (non solo mediche) sul tema del fine vita possa dare risultati interessanti o, per lo meno, stimolare riflessioni più profonde sulla complessità del tema e sull’importanza dei valori in gioco. Quando una persona pienamente capace e libera si trova di fronte a una situazione di vita che a suo parere viola la sua dignità e integrità, il bene della vita può essere fatto decadere a favore di altri fondamentali diritti costituzionali equivalenti come quello di autodeterminarsi? Esiste un dovere costituzionale di imporre o proteggere il diritto alla vita a tutti i costi e contro la volontà del titolare di tale diritto?
Per la compilazione del questionario POTETE CLICCARE QUI. Ringraziamo fin d’ora tutti quelli che vorranno partecipare al sondaggio.
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