Abstract
A seguito dei recenti fatti avvenuti a Seoul (Corea del Sud), durante i quali hanno perso la vita oltre 150 persone nella calca delle affollatissime vie del quartiere Itaewon, ci pare interessante portare alla vostra attenzione uno Studio sperimentale, pubblicato nel 2019 sul Journal of Nippon Medical School, nel quale è stato riprodotto un modello meccanico di asfissia traumatica da compressione toraco-addominale su soggetti volontari di sesso femminile, al fine di meglio comprendere quanto peso e per quanto tempo le strutture vitali del tronco siano in grado di sopportare.
Per leggere l’intero articolo: Motomura T et al. Thoracoabdominal Compression Model of Traumatic Asphyxia to Identify Mechanisms of Respiratory Failure in Fatal Crowd Accidents. J Nippon Med Sch 2019; 86 (6)
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I fatti di Seul – 29/10/2022
La sera del 29 ottobre 2022 a Seoul (Corea del Sud) 154 persone sono morte e più di 80 sono rimaste ferite nella calca venutasi a creare durante i festeggiamenti di Halloween nel quartiere di Itaewon, noto per la sua vivace movida.
Dalle prime ricostruzioni fatte dai media locali, nelle strette vie del quartiere quella sera poco dopo le 22 sarebbero confluite circa 100.000 persone. Per un motivo ancora non chiarito la folla si sarebbe accalcata in una via larga circa 4 metri e in forte pendenza e in poco tempo centinaia di persone sarebbero state schiacciate e calpestate. La maggior parte dei morti aveva un’età compresa tra 20 e 30 anni; 98 erano donne e 56 uomini.
Esistono online numerosi video girati dalle stesse persone che si trovavano nella calca e altri video di poco successivi che riprendono i soccorritori che eseguono le manovre di rianimazione in strada, decine e decine di mezzi di soccorso e file di salme coperte da teli.
Questo drammatico evento ha brutalmente riportato l’attenzione su un fenomeno che periodicamente si verifica, soprattutto durante le grandi adunate religiose, gli eventi sportivi o i concerti di massa: la morte nella folla.
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La morte asfittica nella folla
Si tratta di una causa di morte traumatica, provocata dal collasso dei sistemi respiratorio e cardiocircolatorio dovuto ad una grave e prolungata compressione del tronco dall’esterno.
Oltre che per intrappolamento nella folla, con analogo meccanismo può verificarsi il decesso all’esito di incidenti del traffico con schiacciamento del tronco o seppellimento da parte di mezzi comprimenti (es. frane, valanghe).
Il risultato ultimo è in ogni caso una ipossia cerebrale fatale da prolungata inefficienza del mantice respiratorio. I segni esterni sono rappresentati da un marcata congestione cefalo-cervicale, presenza di petecchie su testa, congiuntive e collo (in ragione dell’ostacolo al ritorno venoso toracico), in assenza di reperti toraco-addominali traumatici di entità tale da motivare autonomamente il decesso.
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Lo Studio di Motomura e colleghi del 2019
Nonostante il grande numero di decessi attribuibili a tale causa, la relazione tra le differenti variabili meccaniche che portano alla morte non sono ancora completamente chiarite.
Ciò anche a causa della nota “difficoltà” di riprodurre modelli sperimentali sull’uomo in ambito medico-legale, per le indubbie implicazioni di natura etica e per le numerose variabili in gioco in ambito forense, in cui “ogni caso è un caso a sé”.
Nel caso della asfissia nella folla, ciò è stato in parte vicariato dalla “buona volontà” di 14 partecipanti sane di sesso femminile (scelte perché di costituzione più esile rispetto ai coetanei maschi e pertanto più rappresentative della tipologia di vittima più frequente in tali situazioni) tra i 21 e i 28 anni di età arruolate dal gruppo di Motomura e colleghi.
Lo Studio, per quanto pubblicato su una rivista non particolarmente prestigiosa, ha sicuramente spunti originali in quanto – prescindendo in questa sede da comprensibili preoccupazioni di natura etica – persegue finalità sperimentali mediante uno dei rarissimi casi di riproduzione sperimentale su modello umano di una situazione di interesse forense.
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Partecipanti e metodo
Le donne partecipanti erano poste in posizione supina con due cinture, una applicata attorno al torace (all’altezza della porzione centrale dello sterno) e l’altra attorno all’addome (a livello dell’ombelico), sotto ciascuna delle quali pendeva per gravità un peso.
Il peso era pari a 0, 10 o 20 kg oppure a una combinazione di questi pesi, per un totale di 8 possibili pattern di pesi che potevano differire tra torace e addome (A-H).
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La frequenza cardiaca e la SpO2 erano monitorate in continuo, mentre la pressione arteriosa era misurata ogni 2,5 minuti. Gli spostamenti in senso antero-posteriore della parete toracica e addominale erano quantificati attraverso uno strumento laser e rapportati con il peso applicato, l’escursione e la frequenza respiratorie. Inoltre, erano misurate periodicamente tramite uno spirometro il volume tidal (VT, o volume corrente, corrisponde al totale di aria inalata ed esalata normalmente con l’attività respiratoria) e la capacità vitale (VC, somma di VT + volume di riserva inspiratorio + volume di riserva espiratorio; è la massima quantità di aria che può essere mobilizzata in un singolo atto respiratorio, partendo da una inspirazione forzata massimale e arrivando ad una espirazione forzata massimale).
I cambiamenti di questi parametri erano analizzati nel tempo attraverso il test di Friedman.
I sintomi di distress respiratorio erano valutati utilizzando la scala di Borg modificata, con un range da 0 (nessun sintomo) a 19 (sintomi estremamente severi).
I pesi da A a H erano applicati ciascuno per un massimo di 20 minuti e le misurazioni dei parametri erano effettuate ogni 2,5 minuti e continuavano per 5 minuti dopo la rimozione del peso.
Il tempo di recupero tra un set di pesi e l’altro era di almeno 2 ore.
Per identificare il peso e il tempo necessari per determinare una insufficienza respiratoria, erano calcolati il rapporto Ti/Ttot, che equivale al rapporto tra tempo inspiratorio (Ti) e il tempo necessario a completare il ciclo respiratorio (Ttot); VT/VC, che è il rapporto tra volume tidal volume e capacità totale; Breathing Intolerance Index (BITI), che è l’indice della fatica respiratoria muscolare espresso come il prodotto di Ti/Ttot e VT/VC. Precedenti studi avevano documentato che valori di BITI<0.05 rientrano nella norma, mentre un valore ≥ 0.15 indica una criticità, con raggiungimento dell’insufficienza respiratoria nel giro di 45-60 minuti.
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I risultati
I risultati dello studio suggeriscono che donne sane nella 3° decade di vita che subiscano una compressione toracica pari ad almeno 20 kg + una compressione addominale pari ad almeno 10 kg potrebbero manifestare una insufficienza respiratoria entro circa un’ora.
Per cercare di generalizzare questi risultati si può dire che i pesi descritti – se rapportati al peso corporeo medio delle partecipanti – corrispondono a circa il 60% del peso corporeo.
Infatti, quando un peso pari a circa il 60% del peso corporeo della partecipante era applicato alla regione toraco-addominale, l’analisi del BITI chiaramente dimostrava valori critici, suggerendo che l’insufficienza respiratoria sarebbe insorta se l’applicazione del peso si fosse protratta.
Nel corso della compressione toraco-addominale era inoltre documentato che una capacità vitale ≤ 1.85L e un punteggio della scala di Borg modificata ≥ 8.3 potevano essere utilizzati quali indici predittivi di insufficienza respiratoria, al pari di un valore di BITI ≥ 0.15.
Una ulteriore osservazione del gruppo di ricercatori fu che l’insorgenza dell’insufficienza respiratoria era più fortemente influenzata dall’aumento del peso toracico rispetto a quello addominale.
Questo studio aiuta a chiarire il rapporto tra entità della compressione toraco-addominale, tempo di applicazione e insorgenza di insufficienza respiratoria su soggetti umani, in condizioni comparabili a quelle dello schiacciamento nella folla. Il suo limite, oltre all’esiguo numero di partecipanti, è rappresentato dal fatto che – drammaticamente – le vittime più frequenti di questi eventi sono rappresentare da soggetti malati, anziani o bambini, nei quali la riserva respiratoria è inferiore rispetto a persone sane e adulte; i risultati ottenuti potrebbero quindi sovrastimare le capacità di sopravvivenza osservabili in condizioni reali.
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