Abstract
Il 17 giugno di ogni anno si celebra la Giornata Mondiale contro la desertificazione, istituita in memoria della adozione della United Nations Convention to Combat Desertification, ratificata a Parigi da 200 Paesi, con il fine di sensibilizzare i governi, le organizzazioni e gli individui sulla responsabilità collettiva nell’utilizzo sostenibile dell’acqua per prevenire la desertificazione e la siccità.
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Se da un lato questa importante ricorrenza ci ricorda quanto l’Uomo sia responsabile dei catastrofici cambiamenti ambientali e climatici sul pianeta, dall’altro fornisce l’occasione per affrontare un tema insolito: le morti nel deserto, le cui modalità sono state dettagliate in un interessante review pubblicata nel 2021 sull’International Journal of Environmental Research and Public Health (per leggere l’articolo completo clicca qui – Madadin M et al. Desert Related Death. Int J Environ Res Public Health 2021).
Per “morte nel deserto” (desert death) si intende qualsiasi decesso che si verifichi in ambiente desertico.
I deserti sono spesso considerati terra nullius. Descritti come spazi sterili ed inospitali, in essi dominano la siccità, l’assenza pressoché completa di precipitazioni, la bassa umidità, e le alte temperature (in estate spesso > 48°C) e venti forti. Tuttavia, essi forniscono a oltre 2 miliardi di persone biomi dinamici che coprono >40% del globo.

Calcolare il numero dei morti nelle aree desertiche è difficile perché non vi sono pubblicazioni di dati ufficiali; inoltre, le persone formalmente registrate come disperse sono sicuramente in numero inferiore rispetto alla realtà, poiché una buona parte di questi è rappresentata da migranti irregolari, “invisibili” nelle statistiche ufficiali.
Dal punto di vista forense, le morti nel deserto sono un topic ancora poco delineato e la Letteratura in merito è limitata.
Vediamo insieme quanto emerge dalla review di Madadin e colleghi, che hanno esaminato gli studi sul tema reperibili su PubMed e Google scholar.
Cause di Desert Death
Il decesso in ambiente desertico può avvenire per molteplici cause. Gli Autori distinguono quattro categorie principali: cause ambientali, correlate alla presenza di animali, indeterminate e “altre cause di morte”.
Cause ambientali
Gli effetti diretti dell’ambiente desertico sul fisico umano sono devastanti e includono colpi di calore, collasso cardiocircolatorio da disidratazione e ipertermia, fino al decesso.
Esistono poi effetti secondari costituiti dalle conseguenze dell’esposizione alle condizioni ambientali ostili, tra i quali ad esempio vi sarebbe un aumento della suscettibilità alle infezioni.
Morti da calore
L’ipertemia è la causa di morte più frequente in ambiente desertico. Essa si realizza quando la temperatura corporea supera i 41°-42°C. Fattori di rischio per un effetto esiziale delle alte temperature sono la ricorrenza di patologie organiche, cardiovascolari e respiratorie.
Il colpo di calore si manifesta come una emergenza clinica caratterizzata da ipertermia, delirium, convulsioni e perdita di coscienza. Può essere fatale oppure provocare un danno neurologico permanente.
Il pericolo di morte si realizza quando il soggetto perde mediamente almeno il 20% della propria acqua corporea totale. Con il prolungarsi dell’esposizione alle alte temperature aumenta la severità del danno d’organo determinato dal verificarsi di acidosi e congestione vascolare, con conseguente insufficienza multiorgano.
Le indagini istologiche post-mortali possono mostrare danno epatico, con presenza di neutrofili nei sinusoidi, e cardiaco, con linfociti nel microcircolo. La vasodilatazione è ubiquitaria a causa dello shock ipovolemico terminale.
Di converso, le temperature notturne nel deserto possono raggiungere valori molto bassi con rischio di morte da ipotermia per i soggetti esposti. L’evento terminale in questi casi è usualmente rappresentato da una aritmia (fibrillazione ventricolare).
La diagnosi di morte da ipotermia è molto complessa, ed è generalmente fatta per esclusione; possono corroborare tale ipotesi reperti aspecifici o di non univoca interpretazione, quali la presenza di aree discromiche sulle superfici estensorie degli arti, emorragia pancreatica e le lesioni di Wischnewsky sulla mucosa gastrica.
Fulminazione
Si tratta di una causa di morte molto rara. In generale, negli Stati Uniti approssimativamente da 100 a 600 persone muoiono ogni anno perché colpite da un fulmine o perché a contatto con un oggetto “intermediario”, di solito metallico, che è a sua volta colpito da un fulmine. Tale ultimo meccanismo, “indiretto”, è più frequente rispetto alla fulminazione diretta.
La categoria professionale più a rischio è rappresentata dagli allevatori e dai pastori dei Paesi in via di sviluppo, che passano molto tempo all’aperto in aree aride nelle quali vi è una grande escursione termica che favorisce i temporali.
Molti fattori influenzano la letalità dei fulmini: tra questi, l’intensità della corrente, la rapidità della scarica, il percorso corporeo seguito, il tipo di terreno. La morte può verificarsi per arresto cardiaco, danno neurologico centrale, ustioni cutanee.
I reperti di interesse forense sono circostanziali (cadavere rinvenuto all’aperto, in un’area in cui ha avuto luogo un temporale, spesso con i vestiti strappati) e anatomopatologici: all’esame esterno sarà possibile osservare lesioni termiche cutanee, capelli o peli bruciati; in autopsia, a seconda dei casi, si possono apprezzare edema polmonare con rottura periferica degli alveoli, pneumotorace, pneumomediastino, rottura delle membrane timpaniche.
Cause correlate alla presenza di animali
Sia gli animali selvatici che quelli domestici possono causare gravi lesioni e finanche la morte nell’ambiente desertico.
L’evenienza più frequente è rappresentata dal morso di serpenti velenosi, seguita dalle reazioni tossiche alla puntura di una gran quantità di insetti e di scorpioni.
A causa della decomposizione rapida, l’area interessata dal morso/puntura può non essere apparente.
Un numero inferiori di decessi può essere attribuito all’azione di altri animali, quali cani, maiali, bestiame, cavalli e perfino bufali. I maiali selvatici per esempio solitamente non sono letali, ma possono produrre lesioni (fratture, morsi) che in un ambiente ostile possono condurre la vittima all’exitus.
Sono riportati in Letteratura alcuni casi di attacchi fatali da parte di cammelli. Questi animali, usualmente docili, possono uccidere l’uomo – di solito sferrando violenti calci, sgroppando il cavaliere oppure mordendo – in situazioni particolari, per esempio quando il mandriano cerca di allontanare il maschio dalle femmine.
Anche gli elefanti sono considerati animali pericolosi. In India, circa 300 decessi ogni anno sono attribuibili ad attacchi da parte degli elefanti, spesso in maniera improvvisa ed inaspettata mediante lo schiacciamento della testa o del torace della vittima da parte del pachiderma. Le aggressioni da parte di grandi felini selvatici sono aneddotiche, benché altamente letali.
Altre cause di morte
L’ostilità dell’ambiente desertico non si esaurisce nelle condizioni meteorologiche o con la sua fauna.
La morte può prendere le sembianze di contrabbandieri e trafficanti, così come può cogliere impreparati improvvidi frequentatori occasionali, che possono scarseggiare in equipaggiamento di base, cibo e bevande.
I migranti costituiscono la maggioranza dei casi riportati di morti nel deserto. Essi possono presentare i segni di torture, violenze, lesioni da armi da fuoco, malnutrizione.
Cause di morte indeterminate
Questa è la descrizione per coloro di cui sono recuperati solo resti scheletrici non leggibili. Per quanto possa essere frustrante per il Medico Legale, tale è il destino per una buona parte dei resti umani rinvenuti in ambiente desertico.
Le sfide per il Medico Legale nelle Desert Deaths
La prima grande sfida è proprio l’identificazione della causa della morte. Questa, come detto, non è sempre ottenibile, ma perseguirla è fondamentale, anche perché talvolta il deserto è la scena “secondaria” di un crimine.
Infatti, non è infrequente che le peculiari capacità tafonomiche dell’ambiente arido siano sfruttate per “occultare” la vittima di un omicidio, allo scopo di renderne illeggibile il cadavere. In questi casi, una delle principali difficoltà è rappresentata dallo sforzo di discernere le lesioni pre-mortali da quelle post-mortali cagionate dalle condizioni ambientali sfavorevoli nonché dalla micro e macro-fauna locale.
Lo scavenging è infatti frequente nei corpi outdoor, e la decomposizione del cadavere è fortemente attrattiva per gli animali selvatici e per l’entomofauna. I tessuti molli sono pertanto rapidamente distrutti e il corpo può addirittura essere depezzato e disperso su una vasta area.
Un’altra enorme difficoltà che il Medico Legale si trova a dover affrontare è rappresentata dall’identificazione personale del corpo. Molto spesso, quando la degradazione cadaverica è tale da aver distrutto elementi altamente identificativi, il tentativo di attribuzione di una identità prende avvio dagli indumenti o dagli effetti personali, se presenti, per mezzo di complesse indagini merceologiche.
Anche l’esame di elementi di elevato interesse antropologico quali i denti può non essere possibile nei cadaveri rinvenuti nel deserto: infatti, la fisiologica caducità degli elementi dentali indotta dalla decomposizione può essere agevolata dall’azione della macrofauna opportunista, che tende a disarticolare la mandibola ed il cranio, spesso danneggiando la dentatura.
Il processo di mummificazione, che è tipico degli ambienti caldi, secchi e ventilati quali i deserti, può agevolare l’identificazione personale e delle cause della morte, preservando (benché con drastiche modificazioni indotte dalla disidratazione) i tessuti molli. E’ opportuno tuttavia considerare che i roditori e gli insetti possono cibarsi dei tessuti mummificati.
Benché non ci riguardi da vicino, l’ambiente desertico è un habitat unico e vale la pena conoscerne le peculiarità. In un futuro non lontano, potremmo (ahimé) trovarci ad occuparcene. Allo stato attuale, è bene ricordare che esso è già il campo di lavoro di tanti Medici Legali impegnati nel riconoscimento e nello studio dei cadaveri – appartenenti soprattutto a migranti – rinvenuti in ambienti aridi.
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