Abstract
Cose importanti da sapere “winter-edition”: come sospettare e diagnosticare una morte da ipotermia.
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L’ipotermia avviene quando il corpo dissipa più calore di quanto ne assorbe o crea, determinando l’inabilità dell’organismo di generare calore sufficiente per mantenere una temperatura adeguata e di conseguenza un normale funzionamento.
Molti fattori giocano un ruolo nello sviluppo dell’ipotermia. Le cause circostanziali (freddo eccessivo e inadeguata termogenesi corporea) sono generalmente alla base delle ipotermie accidentali; tuttavia, esistono fattori di rischio che possono predisporre allo sviluppo di tale pericolosa condizione: età pediatrica o geriatrica, disturbi mentali, malnutrizione, disidratazione, abuso alcolico, sforzi fisici eccessivi, comorbidità organiche (es. ipotiroidismo, Parkinson).
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Epidemiologia
Ogni anno il termine “hypothermia” è annotato nel certificato di cause di morte di circa 1500 persone negli Stati Uniti. Tuttavia, la reale incidenza di morbidità e mortalità associate all’ipotermia non è nota, poiché molti casi sono poco indagati e ciò – a fronte di una diagnosi complessa – potrebbe rendere misdiagnosticato il fenomeno.
Ciò che si sa è che si tratta di una condizione altamente letale: anche in presenza di cure ospedaliere adeguate, la mortalità per ipotermia moderato-severa raggiunge il 40%.
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Gradiente di gravità dell’ipotermia
Ipotermia lieve (temperatura del core 32°-35°C) – I sintomi sono di solito vaghi (fame, nausea, astenia, brividi, cute pallida, secca e fredda). Spesso si ha incremento del tono muscolare, ipertensione arteriosa, tachicardia e tachipnea quali tentativi del corpo di promuovere la termogenesi. Talvolta possono manifestarsi declino delle abilità cognitive, mnesiche e di giudizio, atassia e disartria. Si può avere la “diuresi a frigore” dovuta a vasocostrizione periferica con incremento della volemia destinata agli organi “nobili”, quali i reni.
Ipotermia moderata (28°-32°C) – Il declino cognitivo si accentua fino a subentrare rallentamento ideo-motorio, stupor, iporeflessia, midriasi. I meccanismi di compenso emodinamico cedono, lasciando il posto a ipotensione, bradipnea, bradicardia. I brividi generalmente cessano quando la temperatura raggiunge i 30-32°C. Aumenta la suscettibilità alle aritmie; la fibrillazione atriale è tra le condizioni più frequenti.
In alcuni casi (gli studi registrano una frequenza attorno al 30%) si può osservare il fenomeno del “paradoxical undressing“, vale a dire la tendenza paradossale a spogliarsi: sembra che ciò sia dovuto all’alternanza di vasocostrizione e vasodilatazione che si verificherebbe nelle porzioni acrali del corpo durante l’esposizione a basse temperature; infatti, all’iniziale fase di vasocostrizione periferica seguirebbe una marcata dilatazione dei vasi che irrorano i muscoli, “avidi” di sangue ossigenato. Ciò determinerebbe una effimera ma significativa riperfusione dei tessuti muscolari con conseguente sensazione di “vampata di calore” che indurrebbe il soggetto a spogliarsi, nonostante l’ipotermia incipiente.
Un altro fenomeno descritto in Letteratura è il “terminal burrowing behavior“, anche conosciuto come “hide and die syndrome”, insieme di comportamenti che includono strisciare a carponi, scavare una tana, nascondersi in luoghi angusti, rannicchiarsi in posizione fetale. Si tratterebbe di comportamenti indotti dall’attivazione delle porzioni più primitive dell’encefalo, meccanismi di protezione simili a quelli che si verificano negli animali che vanno in letargo. Il burrowing sarebbe più frequente in condizioni di decremento lento della temperatura.
Ipotermia grave (<28°C) – Subentrano perdita di coscienza e areflessia. Si aggravano ipotensione arteriosa e bradipnea. Aumenta progressivamente il rischio di exitus, generalmente per l’insorgenza di disturbi aritmici.
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Meccanismo del decesso nei casi di ipotermia
Sulla base di modelli di studio animali, la causa esiziale è di natura cardiaca, ed è stata identificata nell’insorgenza di fibrillazione ventricolare oppure – più raramente – di asistolia.
Possono essere fattori contribuenti rispetto all’exitus l’ipossia tissutale dovuta allo shift verso sinistra della curva di dissociazione ossigeno-emoglobina, l’esaurimento di componenti cellulari (soprattutto enzimi) e la disionia indotti dall’esposizione prolungata al freddo.
Non vi sono dati certi in Letteratura su quale sia la soglia di temperatura al di sotto della quale vi sia sicura incompatibilità con la vita, anche se generalmente si ritiene che una temperatura core del corpo pari a 25°C sia certamente letale.
Per quanto riguarda l’ipotermia da immersione in mezzo liquido, alcuni studi indicano che il decesso avviene entro circa 1 ora in acqua a 5°C (Madea B et al. Morphological findings in fatal hypothermia and their pathogenesis. In: Oehmichen M (ed) Hypothermia. Clinical, pathomorphological and forensic features. Schmidt-Romhild 2004).
Per gli ambienti secchi, tra i lavori più significativi vi è lo studio di Hirvonen datato 1976 che stima la durata di esposizione al freddo in 22 casi di ipotermia fatale: il range variava da 1.5 h a -30°C a 12 h a +5°C; nella maggioranza dei casi, l’esposizione era tra le 3 e le 6 h a -10°C.
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Reperti autoptici nei casi di ipotermia
La diagnosi di morte da ipotermia è da sempre problematica per il Medico Legale poiché i reperti ad essa associati sono non specifici, incostanti o addirittura in alcuni casi inesistenti, sia a livello micro- che macroscopico.
A fronte di ciò, il rilievo simultaneo di multipli segni che sono stati negli anni descritti come ipotermia-relati (es. frost bite, lesioni di Wischnewski, emorragie sinoviali – vedi oltre) è altamente suggestivo di ipotermia fatale. La loro assenza tuttavia non consente di escludere l’ipotermia dal determinismo dell’exitus allorquando i dati circostanziali siano positivi.
Se il raffreddamento corporeo è molto veloce e la morte insorge rapidamente, i reperti autoptici possono infatti essere scarsi o completamente assenti, specialmente nel caso di ipotermia da immersione in mezzo liquido freddo (Madea B, Tsokos M and Preuß J. Death Due to Hypothermia: Morphological Findings, Their Pathogenesis and Diagnostic Value, in Tsokos M, Forensic Pathology Rewies, Vol. 5).
Talvvolta, tuttavia, i segni ci sono. Una costellazione di reperti visibili ictu oculi sono stati infatti nel tempo attribuiti alle morti da ipotermia.
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Eritema da freddo
Macroscopicamente si presenta come ampie aree discromiche rosse localizzate prevalentemente sulla superficie estensoria delle grandi articolazioni. Microscopicamente non si osserva danno cellulare, ma esclusivamente reperti aspecifici di iperemia e congestione vascolare nel sottocute.
Non si tratta di un reperto patognomonico: analoghe discromie, per quanto prevalentemente in sede ipostatica, si possono apprezzare nelle intossicazioni da monossido di carbonio, da cianuro, così come sui cadaveri posti in ambiente refrigerato (celle freezer).
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Frost bite
Letteralmente, “morsi da freddo”. Colore bluastro o estremamente pallido delle porzioni acrali (dita, orecchie, naso ecc); nei casi non letali, a seguito del riscaldamento del soggetto, si formano delle vescicole, che sono poi rimpiazzate nel tempo da esiti cicatriziali.
L’osservazione microscopica rivela necrosi delle aree interessate circondata da infiltrato infiammatorio e tessuto di granulazione in formazione al confine tra zona necrotica e tessuti vitali.
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Wischnewski spots
Macroscopicamente, le lesioni di Wischnewski appaiono come multiple aree tondeggianti o ovalari, discromiche, bruno-nerastre di piccole dimensioni (da 1 mm a 2 cm ciascuna) sulla mucosa gastrica.
Una recentissima review svolta dal dr Matteo Antonio Sacco e colleghi indica che in Letteratura la frequenza di lesioni di Wishnewski nei casi di ipotermia fatale è stata riportata in un range tra il 43% e il 100% a seconda della casistica.
Si tratta di una forma di gastropatia emorragica, manifestazione di una risposta allo stress, visibile anche in alcuni casi di decessi da inanizione, ustioni o chetoacidosi.
Aspetto macroscopico delle ulcere di Wischnewski.
Utilizzando l’istologia classica e l’immunoistochimica sulle lesioni di Wischnewski in 14 casi di decessi da ipotermia, Tsokos e colleghi hanno cercato di comprenderne la fisiopatologia: istologicamente (colorazione con ematossilina-eosina) non vi erano elementi che le identificassero come classiche ulcere, ma erano descrivibili come focali aree di accumulo di materiale amorfo di colore rosa, talvolta circondate da infiltrato linfoplasmacellulare e infarti della mucosa adiacente.
Dal punto di vista immunoistochimico, le aree di mucosa reagivano positivamente agli anticorpi anti-emoglobina. Gli Autori conclusero quindi che le areole discromiche rappresentassero circoscritte emorragie peri-agoniche della mucosa, nella quale vi era stato il rilascio di enzimi autolitici che avrebbe determinato danno cellulare e quindi degradazione dell’emoglobina cellulare da parte degli acidi gastrici.
Alcuni studi su modelli animali hanno confermato il ruolo dello stress psico-fisico nella formazione delle lesioni di Wishnewski. Addirittura, un lavoro di Landeira-Fernandez e colleghi del 2004 ha ipotizzato che vi sia una correlazione tra la loro incidenza e il livello di coscienza del soggetto in fase agonica. Gli Autori infatti dimostrarono che le lesioni gastriche erano più frequenti e più estese nei ratti non sedati rispetto al gruppo di animali anestetizzati, nonostante la temperatura di esposizione fosse la medesima per i due gruppi.
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Alterazioni pancreatiche
Le alterazioni più comuni sono emorragie e pancreatite acuta. Nessuna di queste è patognomonica per morte da ipotermia, anzi si tratta di reperti assolutamente aspecifici.
La pancreatite acuta appare macroscopicamente con un aspetto emorragico del pancreas, circondato da necrosi del parenchima e del tessuto adiposo circostante. L’osservazione microscopica offre a considerare infiltrato infiammatorio acuto e necrosi.
Aspetto microscopico della pancreatite acuta, con infiltrato infiammatorio neutrofilo.
Altre alterazioni macroscopiche sono state associate alle morti da ipotermia: tra queste, le emorragie delle membrane sinoviali e le emorragie dei muscoli scheletrici (in particolare, il muscolo ileopsoas).
Esistono poi alterazioni patologiche visibili esclusivamente al microscopio:
- vacuolizzazione di epatociti e cellule dei surreni, del pancreas esocrino e dei reni;
- degenerazione adiposa di cardiomiociti, epatociti e cellule dei tubuli renali.
La degenerazione adiposa dell’epitelio dei tubuli renali è apprezzabile dopo colorazione con ematossilina/eosina per la presenza di vacuoli subnucleari alla base delle cellule epiteliali tubulari.
Degenerazione adiposa dei tubuli renali.
Anche in questo caso si tratta di un reperto aspecifico, essendo possibile osservare la vacuolizzazione subnucleare renale anche nei decessi da chetoacidosi diabetica, intossicazione etilica cronica e malnutrizione.
In buona sostanza, nessuna delle alterazioni patologiche riscontrabili nelle morti da ipotermia è patognomonica; ciascuna può essere infatti apprezzata anche a seguito di altre condizioni letali. Tuttavia, la concomitante presenza di reperti suggestivi, documentati macro e microscopicamente, può supportare la diagnosi allorquando vi siano elementi circostanziali e anamnestici di esposizione a basse temperature e siano escluse altre cause autonomamente idonee e sufficienti a determinare il decesso.
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